I testi di teatro vengono scritti allo scopo di essere messi in scena, perciò, se qualcuno avesse la curiosità e la pazienza di leggere "Espresso da Parigi" e "Gastone, Stella e l'albero di Natale" e decidesse di rappresentarli, ne sarei felice.
"Espresso da Parigi" è il primo testo teatrale che ho scritto. In esso sono presenti alcuni temi che avrei ripreso in seguito nella narrativa: la complessità delle relazioni umane, la poesia dei gesti quotidiani, la maternità.
"Gastone, Stella e l'albero di Natale" è nato come testo rivolto ai bambini, ma non solo. La dolcezza dei protagonisti a quattro zampe contagia anche il mondo degli umani, nel quale Gastone e Stella vivono la loro speciale esperienza del Natale.
"Espresso da Parigi" è il primo testo teatrale che ho scritto. In esso sono presenti alcuni temi che avrei ripreso in seguito nella narrativa: la complessità delle relazioni umane, la poesia dei gesti quotidiani, la maternità.
"Gastone, Stella e l'albero di Natale" è nato come testo rivolto ai bambini, ma non solo. La dolcezza dei protagonisti a quattro zampe contagia anche il mondo degli umani, nel quale Gastone e Stella vivono la loro speciale esperienza del Natale.
ESPRESSO DA PARIGI
COMMEDIA IN DUE ATTI
DI CRISTINA LANARO
I°ATTO
Personaggi:
Jenny, giovane donna frivola
Susi, sorella di Jenny
Teresa, giovane donna affascinante
Alberto, marito di Teresa
Controllore
Poliziotto
Siamo alla fine degli anni ’80. La scena si apre su due scompartimenti di prima classe, vagone-letto. I due scompartimenti sono chiusi. Se ne apre uno con due cuccette occupate: Jenny è seduta in una cuccetta, con le gambe a penzoloni, mentre nell’altra cuccetta Susi sta leggendo. Susi indossa un pigiama, Jenny una tuta.
Jenny: Dove hai messo il mio beauty?
Susi: Lo hai messo tu nella valigia.
Jenny comincia a rovistare nella valigia, rovesciando per terra alcuni indumenti.
Jenny: Non lo trovo…
Susi: Lo hai messo di lato, sotto il mio accappatoio.
Jenny trova il beauty. Si infila le ciabatte.
Jenny: Vado in bagno… Cielo! Il dentifricio (aprendo il beauty)… Ho dimenticato il dentifricio in albergo a Parigi!
Susi: Prendi il mio: è nella tasca laterale.
Jenny prende il dentifricio e si dirige verso il bagno. Susi scende dalla cuccetta, rimette gli indumenti nella valigia e ne estrae un sacchetto di caramelle. Si ridistende nella cuccetta, legge e mangia una dopo l’altra le caramelle, scartandole rumorosamente.
Nel frattempo dall’altro scompartimento, che rimane per il momento chiuso, si sentono le voci di Teresa ed Alberto. Nonostante le tende oscuranti, si nota che all’interno dello scompartimento la luce è accesa.
Teresa: Dormi già?
Alberto: No, cucciola, sto leggendo.
Teresa: Ho caldo; apriamo un po’ il finestrino?
Alberto: Meglio di no. Il tuo raffreddore potrebbe peggiorare.
Teresa: Hai ragione, amore.
Breve silenzio.
Teresa: Cosa stai leggendo?
Alberto: “Lo spirituale nell’arte”, di Kandinsky.
Teresa: Ah!
Alberto: Vuoi che legga ad alta voce?
Teresa: Sì. Grazie, tesoro.
Alberto (con tono ispirato): “L’irrefrenabile voglia di esprimersi dell’elemento oggettivo è la forza che abbiamo chiamato necessità interiore e che cerca nel soggettivo oggi una forma, domani un’altra. E’ la leva instancabile, la molla che spinge continuamente in avanti. Lo spirito procede e…” Tesoro? Ma come, ti sei già addormentata! Buona notte, cucciola.
Viene spenta la luce nello scompartimento della coppia sposata. Ritorna Jenny, canticchiando. Rientra in cuccetta e butta a terra il beauty. Si tuffa nella sua cuccetta. Susi continua a scartare caramelle. Jenny si rigira più volte, inquieta.
Jenny: Sono dovuta andare nel bagno della seconda classe.
Susi continua a leggere e a succhiare caramelle.
Jenny: Il bagno del nostro vagone è rotto. Me l’ha detto il controllore: un tipo interessante, ma di una serietà! Sposato, credo.
Silenzio di Susi.
Jenny: Ho incrociato due ragazzi che uscivano dal bagno: uno aveva una faccia da cadavere che faceva paura. Così gli ho chiesto se aveva bisogno di qualcosa. Abbiamo chiacchierato un po’ e… Sai di dove sono?
Susi: Chi?
Jenny: I tipi del cesso!
Susi: (Con tono indifferente) Della nostra stessa città.
Jenny: Esatto! E uno, non lo zombi, quell’altro, sai dove abita?
Susi: (Stesso tono indifferente) Vicino a casa nostra.
Jenny: In via Carducci 5, di fronte alla farmacia.
Susi: Comodo.
Jenny: Sia alle aspirine che al nostro appartamento.
Susi: Se ha intenzione di frequentarti avrà bisogno di parecchie aspirine…
Jenny: Per conquistare te, invece, basta una confezione gigante di Sperlari… Smettila, dai, con quelle caramelle!
Susi: La smetterò quando tu la smetterai di correre dietro a tutti gli uomini che vedi.
Jenny: Lascia stare le prediche, ok? Me ne hai fatte abbastanza a Parigi. E per cosa, poi? Non ho fatto niente di male…
Susi: Tranne la sera del mangiatore di fuoco…
Jenny: Beh, la mia era pura curiosità scientifica. Non è colpa mia se quello ha capito diverso… Del resto c’era la differenza di lingua.
Susi: Lasciamo perdere. Vorrei tornare a leggere. ‘Notte.
Breve silenzio.
Jenny: Hai qualcosa da leggere anche per me?
Susi prende una rivista e gliela lancia.
Jenny: Che roba è?
Susi: Arte.
Jenny: Tanto per cambiare… Ma tu non leggi mai, che so… “Grazia”, “Gente”, “Topolino”?
Susi: Se non ti va, lascialo.
Entrambe leggono. Jenny sfoglia nervosamente la rivista.
Jenny: Chiudi tu?
Susi chiude la porta dello scompartimento.
Un attimo dopo arriva il controllore. Bussa ad entrambi gli scompartimenti, dicendo: “Biglietti, prego”. Apre la porta dello scompartimento della coppia sposata.
Controllore: (Parlando sottovoce per non svegliare Teresa) Scusi. I biglietti, per favore.
Alberto mostra i biglietti di entrambi. Il controllore ringrazia e cerca di richiudere la porta. Non ci riesce. Riprova più volte, aiutato anche da Alberto, senza risultato.
Controllore: Che guaio! Purtroppo non ci sono scompartimenti vuoti… Ma potreste trasferirvi in uno già occupato, se c’è qualcuno disposto…
Alberto: (Gentile) No, no, non si preoccupi. Non vogliamo disturbare nessuno. E poi, come vede, a mia moglie non dà fastidio la luce. Io, poi, beh… Casomai leggo… Non si preoccupi, veramente.
Controllore: Sono dispiaciuto… Prima il bagno rotto, adesso la porta che non si chiude…
Alberto: Ma non è colpa sua. Non si preoccupi.
Controllore: Allora, buon riposo.
Il controllore bussa nuovamente all’altro scompartimento e lo apre.
Controllore: Biglietti, prego.
Jenny: Salve, ci rivediamo!
Controllore: (Un po’ imbarazzato) Già!
Jenny: Sorellina, li hai tu i biglietti?
Susi prende i biglietti e li porge al controllore.
Controllore: Grazie, signora. Sorelle? Non si direbbe. (Restituisce i biglietti) La vostra fermata è alle sei e trenta. Scusate per il disturbo. Buona notte.
Il controllore esce e chiude lo scompartimento delle sorelle.
Susi: (Emette un lamento) Ah...!
Jenny: Che hai? Che c’è?
Susi: Lo stomaco. Delle fitte tremende. Ah..!
Jenny: Ci risiamo: le caramelle.
Susi: Macché caramelle. E’ l’ulcera. Lo sapevo che mi sarebbe tornata. Del resto me la sono cercata: a Parigi con te: che idea! Ah..!
Jenny: Prova a metterti a pancia in giù.
Susi: E’ peggio. Ah..!
Jenny: Apri il finestrino, prendi un po’ d’aria!
Susi: Ma se è già spalancato: lo hai aperto tu prima. Ah..!
Jenny: Prova a camminare un po’, vai in corridoio…
Susi, sempre dolorante e piegata in due, esce dal suo scompartimento, senza spostarsi di molto. Si distende a terra e si mette a fare training autogeno. Il treno si ferma. All’improvviso si sentono latrati e trambusto di vario tipo, urla, voci di poliziotti. Jenny e Alberto escono dallo scompartimento. I loro sguardi spaventati si incrociano. Entrambi chiedono: “Che succede?”, poi guardano a terra il corpo disteso di Susi ed urlano, contemporaneamente.
Alberto: Sono un medico, lasci fare a me.
Jenny: Susi, Susi!
Alberto: Il battito è normale… E’ tutto normale. Sembra solo svenuta. E’ meglio spostarla da qui.
Jenny: No! La lasci stare. Ho capito: lo ha fatto un’altra volta.
Alberto: Cosa?
Jenny: Ha fatto il training autogeno ed ora rimane così chissà per quanto. Ogni volta che c’è un problema, fa il training e rimane in letargo finché tutto è passato. E’ il suo modo di evadere… Oltre a mangiare caramelle.
Alberto: In effetti emana un forte profumo di liquirizia.
Jenny: Mi stupisce che non sia ancora diventata gommosa.
Fuori campo si sente qualcuno gridare: “E’ qui, nel cesso del terzo vagone, seconda classe”. Entrano nel corridoio il controllore e il poliziotto.
Poliziotto: Fermi dove siete! Cosa ci fa quella per terra?
Alberto: Training autogeno… Ma che succede?
Controllore: Purtroppo, signori, dobbiamo fare dei controlli. C’è uno spacciatore sul treno. Signora, la prego, si alzi (rivolto a Susi).
Naturalmente Susi non si alza. Il controllore e il poliziotto entrano nello scompartimento della coppia sposata. Teresa si sveglia e si spaventa.
Teresa: Che volete? Dov’è mio marito?
Alberto: Sono qui, amore (entrando). Non succede niente. Questi signori devono perquisire il treno. Vieni, usciamo.
Teresa, ancora insonnolita, non reagisce.
Poliziotto (duro): Veloce, signora!
Teresa e Alberto escono. Alberto abbraccia Teresa con atteggiamento protettivo; Jenny è inginocchiata accanto alla sorella e fa alcuni tentativi per farla uscire dallo stato di training. Nello scompartimento della coppia sposata il controllore e il poliziotto mettono sottosopra ogni cosa, parlando a voce alta: “Qui non c’è niente”, “Guarda dietro gli specchi”, “Presto, tra un po’ il treno si ferma. Dobbiamo finire i controlli prima”, “Niente”, “Nell’altro… è l’ultimo. Poi c’è la seconda classe”. I due escono.
Poliziotto: Scusate, ma devo perquisirvi.
Teresa: Come?
Poliziotto: Di lei, naturalmente, si occuperà una collega… Venga!
Il poliziotto si allontana con Teresa. Alberto la rincuora da lontano, poi si rivolge a Jenny.
Alberto: Si riprende? (Indicando Susi)
Jenny: Macché!
Nel frattempo il controllore ha perquisito lo scompartimento delle due sorelle. Ne esce. Si rivolge a Susi ancora distesa a terra.
Controllore: Signora, la prego, si alzi: la dobbiamo perquisire!
Jenny: Mia sorella non la sente per il momento. Può perquisire me intanto… (Suadente).
Controllore (un po’ imbarazzato): Non sarò io a farlo… Venga, signorina, mi aiuti a portare sua sorella nello stanzino delle lenzuola… Vi perquisiranno là.
Il controllore e Jenny alzano di peso Susi e la portano fuori. Rientra Teresa, ancora un po’ confusa, corre dal marito e lo abbraccia.
Teresa: Oh, amore!
Alberto: Ti sei spaventata? Ti hanno offeso in qualche modo?
Teresa: Ma no, ma no! C’era una donna poliziotto: è stata gentile. Fanno solo il loro dovere.
Si abbracciano ancora in silenzio, poi lei rientra nello scompartimento.
Teresa: Devo sistemare.
Alberto: Vuoi una mano?
Teresa: No, tesoro, è meglio che faccia io. In due si fa fatica: è così stretto qui.
Mentre lei riordina, cadono a terra alcuni libri. Alberto raccoglie un diario con una copertina vistosa, a fiorellini.
Alberto (sorridendo): E questo cos’è?
Teresa: Dammi! (Con tono e gesti bruschi; poi riprende il tono abituale, va verso Alberto e gli fa un buffetto sulla guancia). Non è niente di particolare, tesoro… Qualche riflessione… Stupide annotazioni… Di viaggio.
Alberto: Se sono uscite dalla tua testolina non possono essere stupide (cercando di riprendere il diario).
Teresa: E invece sì! (di nuovo brusca, strappandoglielo di mano; poi abbraccia il marito) Oh, amore, sono così stanca! Quando arriveremo in albergo?
Alberto: Se non ci sono intoppi seri, arriveremo verso le sette. Dalla stazione all’albergo non c’è molta strada… La vacanza continua, amore!
I due si staccano e sistemano assieme lo scompartimento. Teresa mette il diario nella sua borsetta. Rientrano Jenny e il controllore, portando a peso Susi. La rimettono distesa a terra nella stessa posizione di prima.
Controllore: Sicura che si riprende?
Jenny: Certo! Quando si sentirà di nuovo in forma aprirà gli occhi.
Controllore: Se lo dice lei… Scusi, signore, la polizia deve perquisirla. (Rivolto ad Alberto, il quale esce dallo scompartimento e si mette con le braccia alzate).
Alberto: Preferirei lo facesse lei, qui. Non vorrei lasciare sola mia moglie.
Controllore (dopo un breve momento di incertezza): Come vuole.
Il controllore perquisisce velocemente Alberto.
Controllore: Tutto a posto. Scusate ancora per il disturbo. (Poi, rivolto al poliziotto che non si vede) Continuiamo con la seconda classe?
Dal fondo del corridoio arriva il poliziotto. Il controllore e il poliziotto escono di scena. Alberto e Teresa hanno finito di sistemare. Teresa si infila nella cuccetta.
Teresa: Tu non vieni a dormire?
Alberto: Tra un po’, cucciola. Tu riposati intanto. Buona notte.
Teresa: Buona notte, tesoro.
Teresa gira la schiena al marito. Alberto esce e sorride a Jenny.
Jenny: Siete in viaggio di nozze?
Alberto: No, perché?
Jenny: Pensavo… Per via di tutti quei sorrisi… Che sciocchezza, vero?
Alberto: Nient’affatto. Mi fa piacere che lei ci veda ancora tanto innamorati, perché in effetti lo siamo. Quest’estate Teresa mi ha convinto a fare una vacanza un po’ più lunga del solito. Ora andiamo a visitare una mostra: di Kandinsky. Non so se lei ama l’arte…
Jenny (fingendosi competente ma modesta): Beh, l’amo molto ma non si è mai abbastanza competenti… Sebbene mi tenga aggiornata… Proprio poco fa stavo leggendo appunto, a proposito di Kandinsky, di come per lui “la forza spirituale dell’arte si serve di una forma attuale solo come gradino per andare oltre…” (si interrompe un po’ in difficoltà).
Alberto (infervorato): Ma certo! La sua grande genialità sta infatti nell’aver compreso che “l’azione della necessità interiore e lo sviluppo dell’arte sono una progressiva espansione…”
A questo punto Susi si sveglia e si mette seduta. Sorride alla sorella, che ricambia; sorride ad Alberto, che ricambia, poi si rivolge verso il pubblico.
Susi: Ho nausea.
Jenny: Vieni, ti accompagno in bagno.
Le due escono, dirigendosi in bagno. Alberto prende dal suo scompartimento la borsa della moglie, che nel frattempo si è riaddormentata e ne estrae il diario. Tenendo la borsa appoggiata alla spalla, comincia a leggere. Si sente la voce della moglie (è nella mente di Alberto), mentre viene illuminato solo il diario e il viso di Alberto, inizialmente sorridente e commosso.
Teresa (solo voce): Tra qualche minuto partiamo. Lui è al bar, io sono già sul treno. Di Parigi mi rimane il ricordo di migliaia di quadri, sculture, palazzi, musei e della sua voce calma e rilassante che mi spiega, mi guida. Ricordo anche le sue mani, sempre pronte ad accarezzarmi, a stringermi, a proteggermi. E i suoi occhi, così dolci, ma così dolci che… Che noia! (Sul volto di Alberto c’è sorpresa) Sì, che noia. Sempre così perfetto, sempre così presente! Non c’è problema che lui non sappia risolvere, un dubbio che lo possa turbare. Mai un momento di follia, mai uno scatto di eccentricità. In cinque anni di matrimonio tutto si è svolto come lui ha voluto: ho lasciato il lavoro, perché lui guadagnava abbastanza per entrambi; ho abbandonato le mie vecchie amicizie per dedicarmi esclusivamente a lui; ho finto di entusiasmarmi per l’arte contemporanea, mentre dentro di me la consideravo e la considero tutt’ora nient’altro che un ammasso di sgorbi. Che fallimento! Ormai sono invischiata senza rimedio. L’unica mia evasione è il sonno. Quando dormo, sogno e quando sogno mi vedo correre leggera in un prato verde, assieme a tante bambine dai vestiti svolazzanti e mentre corriamo ci prendiamo per mano, ma solo un attimo. Poi ognuna riprende la sua corsa, leggera, con gli occhi rivolti al cielo luminoso…
Alberto, distrutto, lascia scivolare dalla spalla la borsa; abbassa lo sguardo ancora con il diario tra le mani. Le luci si abbassano. Buio.
La scena torna ad illuminarsi: è l’alba. Si vede l’interno di entrambi gli scompartimenti. I due coniugi sono seduti uno di fronte all’altro. Teresa sfoglia distrattamente una rivista, Alberto guarda dal finestrino del corridoio. Nell’altro scompartimento le due sorelle spostano bagagli, facendo un gran trambusto.
Jenny: Dove cavolo ho messo la mia borsa?
Susi si tiene perennemente una mano sulla pancia dolorante.
Susi: Ce l’hai a tracolla.
Jenny: Quanto manca all’arrivo?
Susi: Circa mezz’ora.
Jenny: Mezz’ora? E mi spieghi perché mi hai già fatto preparare i bagagli?
Susi: Quando avrai finito te lo spiegherò.
Susi si siede, sempre visibilmente sofferente, mentre Jenny continua a rovistare in ogni angolo dello scompartimento, chiedendo ogni tanto: “Ma dove cavolo è..?”
Teresa: C’è il sole?
Alberto: Sì. Sarà una giornata meravigliosa (con tono malinconico).
Teresa: Come ogni altro giorno passato con te, tesoro. (Alberto non muta la sua espressione triste. Segue un breve silenzio). Mi leggi tu qualcosa? Ho gli occhi stanchi…
Alberto (dopo un attimo di silenzio): Certo, amore. (Mentre Teresa ha gli occhi chiusi, Alberto prende dalla borsetta il diario e comincia a leggere) Dunque, vediamo un po’… Ecco: 25 agosto. Tra qualche minuto ripartiamo. Lui è al bar… (Si interrompe, sentendo l’impulso di piangere).
SIPARIO
II° ATTO
Personaggi:
Franca, ragazza
Sandro, ragazzo di Franca
Luca, amico di Sandro
Donna con bambino
Viaggiatore
Personaggi del primo atto
La scena si apre su due scompartimenti di seconda classe: uno con la porta aperta, l’altro con la porta chiusa e con la tenda tirata. Dalla porta aperta si vede: da un lato la ragazza, Franca; di fronte a lei un ragazzo, Luca; di spalle, affacciato al finestrino, Sandro, con le cuffie.
Luca: E’ già la terza volta che si spara in cuffia i Pink Floyd da quando siamo partiti da Parigi.
Franca: Lo aiuta a non pensare… Finché non finiscono le pile almeno.
Luca: Forse sei troppo dura con lui.
Franca: Forse.
Luca: Cosa farai appena arrivata?
Franca: Mi fermerò a casa sua: sua madre ci aspetta.
Luca: Sua madre ti è molto affezionata.
Franca: Purtroppo, sì.
Luca: Prima, quando è andato in bagno, era pallidissimo…
(Nessun commento della ragazza)
Luca: Forse gli ha fatto male la birra presa alla stazione.
Franca: Non credo.
Entra il controllore.
Controllore: Biglietti, prego.
Luca tocca leggermente su una spalla Sandro; questo si gira, vede il controllore, toglie le cuffie e mostra il biglietto, poi si siede accanto alla ragazza. Il controllore esce.
Sandro: E’ una notte calda.
Luca: Chissà se riusciremo a dormire qualche ora.
Franca: Di sicuro ci verrà sonno all’alba, proprio quando dovremmo scendere. Succede sempre così.
Luca: Beh, io provo a dormire un po’.
Luca si distende.
Sandro (a Franca): Mi distenderei anch’io. Posso appoggiarmi a te?
Franca rivolge a Sandro uno sguardo dolce ma triste. Sandro si distende e appoggia il capo sulla spalla di Franca, che con un piede chiude la porta e con una mano tira la tenda.
Si apre la porta del secondo scompartimento. Ne esce una giovane donna, che richiude la porta dietro di sé. Si stiracchia e comincia a camminare lentamente lungo il corridoio. Passa il controllore, che le sorride. Lei ricambia, con poco entusiasmo.
Controllore: E il bambino? Dorme?
Donna: Sì, si è addormentato proprio ora.
Controllore: Vi aspettano ancora parecchie ore di viaggio.
Donna: Vado a casa dei miei genitori. Per le vacanze. Abitano in campagna. A mio figlio piace la campagna.
Controllore: Ah, certo. Corrono all’aperto, urlano finché vogliono e vedono un sacco di animali. Anche la mia bambina, quando la portiamo in campagna…
Donna: Quanti anni ha sua figlia?
Controllore: Cinque anni, ma ne dimostra di più quando parla.
Donna: Il mio ne ha tre.
Breve silenzio.
Donna: Ci saranno molte fermate durante la notte?
Controllore: No. Solo verso mattina si faranno più frequenti… Sa, i pendolari, gli studenti… Ma, mi scusi, come mai non ha preso la cuccetta, col bambino piccolo?
Donna (un po’ in imbarazzo): Sì, ci avevo pensato, ma ho preferito risparmiare. Tanto domani sera arriviamo dai miei e lì possiamo dormire quanto vogliamo. Non si fa altro che dormire in campagna. Mangiare e dormire.
Da un punto indistinto del treno si sente improvvisamente un frastuono.
Controllore: Mi scusi. (Si allontana in direzione del rumore)
Donna: Prego.
La donna, rimasta sola, si accende una sigaretta. Dallo scompartimento dei ragazzi esce Franca. Anche Franca accende una sigaretta.
Donna: Non riesce a dormire?
Franca: No, anche se ho un sonno..!
Breve silenzio.
Franca: Prima ho conosciuto il suo bambino… E’ il suo bambino, vero?
Donna (con sguardo compiaciuto e assente): Sì.
Franca: Anch’io, in un certo senso, viaggio con un bambino… Forse con due.
Donna: Come dice?
Franca: Dicevo che il suo bambino è molto grazioso.
Donna: Sì, è anche molto educato per la sua età…
Franca (facendole il verso): E intelligente…
Donna (sempre più compiaciuta): E parla già molto bene…
Franca: E’ uno spasso ascoltarlo!
La donna coglie l’ironia di Franca e si irrigidisce improvvisamente. Franca cambia tono, diventando ora complice.
Franca: Guarda qua, è proprio vero che ormai fumano solo le donne.
Donna: E’ l’unico vizio… Sarà sempre meglio fare del male a se stessi che agli altri.
Franca: Io faccio entrambe le cose.
Donna: Io invece non fumo mai in presenza di chi fuma e assolutamente mai davanti a mio figlio.
Franca, evidentemente non compresa, sorride educatamente e si allontana di qualche passo, poi si rannicchia lungo il corridoio. La donna estrae dalla borsetta uno specchietto e si rifà il trucco. Arriva un viaggiatore con in mano una voluminosa borsa da viaggio, che attraversa il corridoio, facendo alzare Franca; esce dalla parte opposta della scena. Franca si risiede e appoggia la fronte sulle braccia che tiene incrociate sulle ginocchia, ma il viaggiatore ritorna quasi subito e le si ferma davanti.
Viaggiatore (a Franca): Scusi.
Franca (alzandosi per farlo passare): Scusi lei.
Viaggiatore: E’ la terza volta che cerco di entrare in bagno, ma è sempre occupato.
Donna: Provi nell’altro vagone. Tra l’altro è una prima classe e può darsi che il bagno sia migliore.
Viaggiatore: Per quello che devo fare va benissimo la seconda classe!
Il viaggiatore ride sguaiatamente, poi si ricompone, incrociando lo sguardo di disprezzo di Franca, che dopo questa uscita del viaggiatore torna ad accucciarsi rivolgendo lo sguardo altrove.
Viaggiatore: Aspetterò. Tanto non ho fretta… Dovrò viaggiare ancora qualche ora. E lei? (Rivolto alla donna)
Donna: Io passerò tutta la notte in treno, ma credo che non dormirò molto perché ho mio figlio con me e sono un po’ preoccupata… si potrebbe svegliare e…
Viaggiatore: E lei? (Rivolto a Franca)
Franca: E io cosa?
Viaggiatore: Dicevo… Lei dormirà… Lì?
Franca: Può essere. (Infastidita)
Viaggiatore: Mi scusi, non volevo disturbare…
Donna: Ma no, non ci ha disturbate!
Franca, innervosita dai due, ritorna nel suo scompartimento, che richiude dietro di sé.
Donna: E’ una ragazza un po’ strana… Prima diceva di avere un bambino con sé, ma con lei c’è solo un ragazzo, anzi due.
Viaggiatore: E così lei ha un figlio. Così giovane… E suo marito? Viaggia con voi?
Donna: Non sono sposata. Non lo sono mai stata.
Viaggiatore: Anch’io sono felicemente single.
Donna: Io sono single, non felice.
Viaggiatore (sulle difensive): Eppure io ritengo che si possa benissimo condurre una vita autonoma, libera da compromessi, emotivamente equilibrata, senza cadere nella trappola del matrimonio e senza per questo soffrire…
Donna: E i calzini?
Viaggiatore: Quali calzini?
Donna: I calzini chi glieli appaia? E le camicie e i pantaloni chi glieli lava?
Viaggiatore (un po’ imbarazzato): Io credo che la libertà non debba sottostare ai luoghi comuni convenzionali…
Donna (divertita): Allora chi lava per lei?
Viaggiatore: Io non ho mai comprato la lavatrice… Per una persona che vive sola è uno spreco… Del resto non la saprei usare…
Donna (trionfante): Lei porta tutto alla mamma!
Viaggiatore: Beh, sì, ma che c’entra? Per lei è l’unica occasione di sentirsi ancora indispensabile e per me è una comodità… Non credo che si giudichi da questo la libertà di un uomo.
Donna: Invece si giudica proprio da questo. Non esiste un uomo solo che si sappia lavare e stirare la biancheria senza essere frocio e perciò non esiste un uomo veramente single. Infatti mi spieghi per quale motivo un uomo non dovrebbe usare la lavatrice… E’ forse più complessa di un computer? E’ più pericolosa di una sega elettrica? No, però fa paura perché è il cordone ombelicale che non si vuole tagliare…
Il viaggiatore ride, poi si ricompone.
Viaggiatore: Beh, immagino che lei insegnerà presto a suo figlio l’uso della lavatrice…
Donna: Io non ce l’ho. Ma gli insegnerò a lavare la biancheria a mano.
La donna si è chiusa in se stessa. Dopo breve pausa d’imbarazzo, l’uomo ritorna all’attacco.
Viaggiatore: Perché non è felice? Se ha un bel bambino, e immagino che sia così, un bambino che lei ama, voglio dire… Non le basta? Io ho molto meno, ma il poco che ho mi basta.
Donna: Quando ero più giovane, non sentivo il bisogno di un uomo, ma adesso…
Viaggiatore: Ma lei è ancora giovane!
Donna: Le donne invecchiano velocemente. Soprattutto dentro.
Viaggiatore: Eppure credo che quello che lei ha dentro valga molto.
La donna, un po’ imbarazzata, si gira dall’altra parte, assorta per qualche istante.
Donna: Mi scusi, vado a vedere se il bambino dorme.
Viaggiatore: Prego, prego.
La donna rientra nel suo scompartimento e lo richiude. L’uomo si dirige verso il bagno ed esce di scena. Si apre lo scompartimento dei ragazzi, ma non ne esce nessuno. Sandro dorme appoggiato al sedile in fondo. In primo piano Luca e Franca si guardano intensamente, per un po’ muti.
Luca: E’ il mio migliore amico.
Franca: Questo lo so.
Luca distoglie lo sguardo da Franca e si appoggia allo schienale. Franca fa altrettanto.
Franca: Vuoi un biscottino?
Luca: No, grazie. Ce l’hai un po’ d’acqua? Ho una sete…
La ragazza si alza e prende l’acqua dallo zaino. La porge a Luca, il quale beve e restituisce.
Luca: Grazie. Tu non bevi?
Franca: Non capisco se ho sete o no. Mi sembra che tutto faccia lo stesso. Andare, restare, sparire… Sparire forse sarebbe la cosa migliore.
Luca: A me dispiacerebbe se tu sparissi… (Si pente immediatamente del tono affettuoso) E a lui ancora di più.
Franca: Appunto. Almeno si tratterebbe di un allontanamento fisico. Gli farebbe meno male. E’ così razionale… Fa fatica a concepire quello che non tocca con mano.
Luca si avvicina a Franca e sfiora con la sua mano la guancia di lei. Sandro si sveglia di soprassalto, fissa ad occhi sbarrati i due e poi si alza in piedi. Franca e Luca si sentono scoperti. Rimangono fermi, paralizzati.
Sandro: C’è un po’ d’acqua?
Franca gli passa la bottiglia. Sandro beve un breve sorso. Poi si mette una mano sulla fronte.
Sandro: Ho i brividi.
Luca: Bevi, fa bene bere.
La ragazza si rannicchia nel suo sedile, voltando le spalle a Sandro che inscena uno stato di malessere.
Sandro: Anche prima mi sentivo caldo…
Luca: Forse non hai digerito bene. In viaggio, a volte…
Sandro: Mi viene da vomitare…
Luca: Sei pallido.
Sandro: Vado in bagno.
Luca: Ti accompagno.
I due escono. Luca sorregge Sandro, accompagnandolo verso il bagno. I due incrociano il viaggiatore di ritorno dal bagno. L’uomo inizialmente non si ferma davanti allo scompartimento dei ragazzi, ma poi torna indietro e guarda dentro. Franca lo guarda con sguardo interrogativo.
Viaggiatore: Scusi, non avrebbe per caso un giornale? O una rivista. Poi gliela riporto.
Franca: Cerchi là sopra. Ci deve essere il giornale di oggi.
L’uomo entra nello scompartimento e comincia a cercare tra gli zaini sopra la testa della ragazza. La ragazza, infastidita dalla vicinanza non richiesta, esce in corridoio e richiude la porta dietro di sé. Si appoggia con la schiena tra le due porte degli scompartimenti, poi va per un po’ avanti e indietro, finché alla fine incrocia l’uomo che esce con il giornale in mano.
Viaggiatore: Trovato, grazie. Glielo rendo tra un po’.
Franca: Lo tenga pure.
Franca rientra. L’uomo prosegue con il giornale in mano. Dopo che il viaggiatore ha oltrepassato la porta dell’altro scompartimento, questa si apre e ne esce la donna.
Donna: Ecco fatto.
L’uomo si gira sorridente verso di lei.
Viaggiatore: Dorme?
Donna: Era sveglio quando sono entrata ma ora si è addormentato. Che giornale ha lì?
Viaggiatore: E’ il giornale di oggi. Me l’ha dato la signorina (indicando lo scompartimento dei ragazzi).
Donna: Mi fa vedere le pagine di cronaca? Vicino al paese dove abitano i miei, in Abruzzo, c’è stato ieri un brutto omicidio… Me l’hanno detto al telefono.
Il viaggiatore dà il giornale alla donna.
Viaggiatore: Mi sembra di aver sentito qualcosa del genere. C’entra con la droga, mi sembra.
Donna: Strano… Prima d’ora in quelle zone non era entrata.
La donna cerca la notizia tra le pagine del giornale.
Viaggiatore: Non si può mai sapere. A volte dove meno te l’aspetti…
Donna: Vuole che continuiamo a chiacchierare dentro? (Indica lo scompartimento) Per il bambino, così se si sveglia sono lì.
Viaggiatore: Cercherò di parlare piano.
Donna: Non si preoccupi: non gli dà fastidio sentir parlare.
Entrano e chiudono lo scompartimento.
Luca e Sandro tornano dal bagno. Sandro è davanti, con il volto ancora un po’ sofferente. Quando arriva davanti al proprio scompartimento, vede Franca con gli occhi chiusi e retrocede.
Sandro: Dorme, forse. Lasciamola stare.
Luca: Non vuoi distenderti anche tu? Io rimango fuori così state più comodi.
Sandro: No, no. Meglio lasciarla sola.
Breve silenzio, poi Luca riprende con tono cameratesco.
Luca: Ti ricordi il viaggio di ritorno dalla Germania?
Sandro: E’ stata la parte migliore della vacanza.
I due ridono, complici.
Luca: Tu non stavi ancora assieme a Franca ed io, tanto per cambiare, ero single.
Sandro: La tua come si chiamava? Non ricordo mai il nome. Mi ricordo solo che rideva di qualsiasi cosa. Un bel colpo di fortuna però trovarle comode, comode, lì…
Luca: Proprio di fronte a noi si sono sedute. Beh, la tua era più… Dotata! La mia però compensava con la minigonna.
I due ridono allegramente.
Sandro: Fino a quel momento però la vacanza era stata uno schifo.
Luca: Per forza! Tu continuavi a piagnucolare per Silvia. Come se non ce ne fossero state altre al mondo, di ragazze. Alla fine però ti sei rilassato, eccome!
Sandro: Non me l’hai perdonata di averti cacciato in corridoio con la tua… Come si chiamava?
Luca: Ingrid. O Sigrid? Qualcosa del genere. Beh, noi ci siamo arrangiati come abbiamo potuto. Del resto tu avevi la precedenza per “pene d’amore”.
Sandro: Ce l’avrei anche stanotte…
Luca: Che cosa?
Sandro: La precedenza.
I due tacciono ed evitano di guardarsi negli occhi. Il treno frena improvvisamente.
Sandro: Che è?
Luca: Mah, è strano che ci si fermi. La prossima fermata doveva essere tra un’ora.
I due guardano fuori dal finestrino.
Luca: E questa è solo una stazioncina. Questo treno dovrebbe fermare solo nelle città principali.
Si sente l’abbaiare di cani e voci imperiose: “Chiudere subito”, “Cominciate da lì”, “No, da questa parte”. Poi il treno riparte. Franca si sveglia ed esce dallo scompartimento.
Franca: Che è stato?
Luca: Sono saliti dei cani. C’è la polizia!
Sandro: Spero non ci siano ritardi. Mia madre ci aspetta per le sette.
Entra il controllore di gran fretta, seguito dal poliziotto.
Poliziotto: Tutti dentro agli scompartimenti, per favore. Lasciate passare!
Il poliziotto e il controllore attraversano il corridoio ed escono dalla parte opposta. I tre ragazzi rientrano, continuando però a sbirciare per cercare di capire l’accaduto. Una voce proveniente dal bagno urla forte “E’ qui! Nel cesso del terzo vagone, seconda classe!” Il controllore e il poliziotto ripercorrono a ritroso il corridoio. Si apre la porta dello scompartimento attiguo a quello dei ragazzi; il viaggiatore mette fuori la testa.
Viaggiatore: Ma che succede?
Luca esce e va verso il viaggiatore.
Luca: Stanno cercando qualcosa, non si sa… O qualcuno… Anzi hanno appena trovato… C’è la polizia. Con i cani.
Il controllore e il poliziotto riappaiono in corridoio.
Controllore (rivolto al poliziotto): In fondo al vagone c’è un uomo che viene dalla Jugoslavia… Per motivi di lavoro, dice. Mi ha insospettito perché… Ah, lei è qui? (si ferma di fronte al viaggiatore che sta ancora sbirciando dallo scompartimento della donna con il figlio) Ecco, è lui!
Poliziotto: Venga, la devo perquisire.
Viaggiatore (offeso): Mi deve prima spiegare!
Poliziotto: Purtroppo non c’è tempo. Venga!
I due si dirigono verso il bagno. Rimane il controllore.
Controllore: Voi, per favore (rivolto ai restanti), rimanete dove siete.
Donna (spaventata): Cosa succede?
Controllore: C’è stata una segnalazione da Parigi… Droga… Ne abbiamo trovata un bel po’ nascosta nel bagno. Ma il pacco era aperto. Forse possiamo rintracciare lo spacciatore. Adesso, per favore, restate dove siete.
Si sente piangere il bambino. La donna chiude lo scompartimento.
Franca: Mi sa che il giornale non lo vedo più. Qualcuno ha sete?
I due ragazzi fanno segno di no. Franca beve a lunghi sorsi.
Sandro: Devo prendere un po’ d’aria (apre il finestrino e si affaccia).
Luca (esaltato): Beh, è destino che i viaggi di ritorno dalle vacanze…
Sandro si gira all’improvviso e gli lancia uno sguardo severo. Luca si blocca, poi ricomincia a parlare, imbarazzato.
Luca: Almeno non rischiamo di addormentarci! Quel tipo, però… Sarà lui?
Franca: Spero di sì: ha una faccia da scemo. Se fosse uno spacciatore almeno risulterebbe più interessante.
Sandro: Mi dai un biscotto? (Rivolto a Franca)
La ragazza prende dallo zaino il pacco e glielo porge. Sandro si risiede e comincia a sgranocchiare. Offre anche agli altri. Ogni tanto Luca prende qualche biscotto.
Luca: Perquisiranno anche noi?
Sandro: Se non trovano lo spacciatore prima, forse.
Dal bagno ritorna il viaggiatore, seguito dal poliziotto. L’uomo si mostra offeso.
Poliziotto: Mi scusi ancora, però, sa… Tutto lasciava pensare… Ma come mai ha allungato di tanto il suo viaggio?
Viaggiatore: Non credo che i miei impegni di lavoro la riguardino.
Poliziotto: Certo, certo. (Poi, rivolto allo scompartimento dei ragazzi) Voi, per favore, dovreste uscire. Dobbiamo perquisire lo scompartimento.
Prosegue fino allo scompartimento seguente e si rivolge alla donna.
Poliziotto: Anche lei, signora. Oh, mi scusi, c’è il bambino. Può restare dentro con lui mentre perquisiamo. Cercherò di non svegliarlo.
Il poliziotto entra nello scompartimento della donna e richiude la porta dietro di sé. Il viaggiatore rimane in corridoio, accanto ai ragazzi. Si sistema la camicia. Nessuno dice niente per un po’.
Viaggiatore: Viaggio spesso in treno per lavoro, ma questo non mi era mai capitato, prima.
Luca: Che lavoro fa?
Viaggiatore: Rappresentante.
Dallo scompartimento della donna esce il poliziotto.
Poliziotto (all’uomo): La disturbo ancora… Mi fa vedere i suoi bagagli, per favore?
Il viaggiatore si dirige verso il suo scompartimento, che è fuori dalla scena, seguito dal poliziotto. La donna esce dallo scompartimento.
Donna: Avete qualcosa da mangiare? Hanno svegliato il bambino e adesso ha fame.
Sandro si avvicina alla donna e le porge la scatola dei biscotti. Guarda dentro allo scompartimento, dove c’ il bambino.
Sandro (al bambino, che non si vede): Ciao, come ti chiami? E così hai fame, eh?
Donna: Me lo farebbe giocare un po’ mentre sistemo le valigie? Hanno rovesciato tutto. Guarda che macello!
Sandro entra nello scompartimento della donna e socchiude la porta. Rimangono Franca e Luca. Si guardano.
Franca: E’ stato un viaggio pieno di sorprese.
Luca: Già. Non lo dimenticherò facilmente.
Franca: Ma lo dimenticherai.
Luca: Dimenticheremo tutti.
Franca: Io no.
Luca si gira confuso a guardare altrove.
Luca: Ho voglia di prendere un po’ d’aria. Se il treno si fermasse…
Ritorna il poliziotto con il viaggiatore che ha in mano le valigie.
Viaggiatore: Mi dovete fare altri controlli?
Poliziotto: No, può scendere tranquillamente alla sua fermata. E’ la prossima.
L’uomo prosegue in direzione del bagno e scompare.
Poliziotto: Ora devo perquisire il vostro scompartimento (ai ragazzi). I vostri bagagli sono tutti dentro?
Luca e Franca annuiscono. Il poliziotto entra e comincia a rovesciare gli zaini. Sandro esce dallo scompartimento della donna.
Sandro: Di niente, si figuri (alla donna). Ciao, piccolino (al bambino). Beh, l’hanno beccato? (A Luca e Franca)
Franca: Macché! Eccolo lì lo scemo che se ne va con le sue valigie (indica fuori dal finestrino). Era proprio solo scemo.
Sullo sfondo si vede il poliziotto che smonta la lampada centrale dello scompartimento dei ragazzi; dal soffitto cadono pacchetti bianchi. Il poliziotto fischia. Arriva di corsa il controllore.
Poliziotto (ai ragazzi): Non muovetevi! Uno alla volta sarete perquisiti. Lei, signorina, segua il controllore che la porterà dalla mia collega.
Il controllore trascina la ragazza verso il bagno.
Poliziotto (a Luca e Sandro): Tutti e due dentro allo scompartimento, presto!
Il poliziotto richiude lo scompartimento con dentro i ragazzi. La donna esce in corridoio e si accende una sigaretta. Guarda in direzione del bambino e parla dolcemente con lui.
Donna: No, non era cattivo. Neanche quello giovane era cattivo. Non mangiare tutti i biscotti. Dormi ora. Sì, tra un attimo vengo. Quale vuoi, quella di Biancaneve o delle Tre Ochette? No, quella non la so. Il nonno, lui sì che la conosce. Intanto chiudi gli occhi. Va bene, comincio. Allora: c’era una volta, tanto tanto tempo fa…
Si apre all’improvviso l’altro scompartimento. Il poliziotto esce ma continua a parlare ai ragazzi che rimangono dentro.
Poliziotto: Alla prossima stazione sarete accompagnati al comando di polizia. E’ la procedura. Dobbiamo accertarci che voi non c’entriate. Restate dove siete.
Sandro e Luca escono in corridoio, sistemandosi i vestiti. Sandro sorride alla donna, che ricambia.
Sandro: Per questa volta non ci fucilano…
Donna: Come sempre se la prendono con chi non c’entra… Scusate (rientra nello scompartimento e lo richiude).
Sandro: E se fosse lei che cercano?
Luca (indicando la donna): Chi, lei?
Sandro: No, Franca. In fondo la polvere l’hanno trovata anche nel nostro scompartimento. Io e te non c’entriamo di sicuro, ma…
Luca: Ma va! Sì? No! Beh, cavolo, tu dovresti conoscerla bene… Vi frequentate da un bel pezzo. E’ il tipo?
Sandro: E che ne so! Non è facile capirla. Un momento è dolce e candida come madre Teresa e un attimo dopo ti brucia con lo sguardo… Io so che, prima di mettersi con me, frequentava gente strana… Ma io non ho voluto sapere e lei non mi ha detto molto.
Luca: Sandro, ti ricordi a Parigi, quella sera che se ne è andata in giro da sola?
Sandro: Tre giorni fa. E’ tornata all’alba.
Luca: Ha detto di avere incontrato vecchi amici…
Sandro: Però non si buca, questo lo so di certo. Forse una volta fumava, ma ora… Credo di no… Non lo so! In realtà non so proprio niente di lei. Beh, so cosa mangia, come si veste e che musica ascolta. Ma non so cosa ci sia dentro alla sua testa. A te cosa sembra?
Luca: Ecco, Sandro, te ne avrei parlato a casa… Ma siccome siamo qui… Beh, è un po’ difficile. Tu sei il mio migliore amico e l’ami… Io farei qualunque cosa pur di non rovinare la nostra amicizia. Lo sai, vero?
Sandro: Dimmi quello che pensi, Luca, sinceramente.
Luca: Ok. Allora: a Parigi non andava troppo bene tra di voi, giusto?
Sandro: Giusto.
Luca: Io ho cercato di rimanerne fuori il più possibile, ma…
Tornano Franca e il controllore. La ragazza è in lacrime. Nessuno dei due ragazzi la consola.
Controllore: Uno di voi è il suo ragazzo?
Luca e Sandro si guardano sperduti.
Controllore: Beh, vedete di calmarla. Penso fosse tesa per qualcos’altro, perché è scoppiata a piangere ancora prima di essere perquisita.
Il controllore esce di scena. Franca si asciuga gli occhi. I ragazzi la guardano muti. Franca infine li guarda entrambi ed assume un tono duro e ironico.
Franca: Vi spiace se continuo il viaggio con voi? Sono solo poche ore… Ah, a proposito: non sono io la spacciatrice.
Franca si infila nello scompartimento e si rannicchia sul suo sedile. Anche i ragazzi rientrano e si mettono seduti, ognuno con lo sguardo fisso davanti a sé. Buio.
Lentamente albeggia e comincia ad entrare la luce dai finestrini. Entrambi gli scompartimenti sono aperti. Franca si alza, si risiede, si stropiccia gli occhi ed esce in corridoio. Dall’altro scompartimento esce anche la donna.
Donna: Non vi hanno trattenuto al comando di polizia.
Franca: Avevano già preso lo spacciatore. Era quello che mi ha chiesto il giornale.
Donna: Dio mio!
Franca: Lo hanno beccato alla stazione dove è sceso… Doveva consegnare la roba a dei tizi che si sono incavolati parecchio quando hanno capito che non ce l’aveva. Avevano già iniziato a picchiarlo quando è arrivata la polizia. Era proprio uno scemo!
Donna: Ora ho davvero voglia di un po’ di vacanza in campagna.
Franca: Per me le vacanze sono finite. Domani ricomincio a studiare. Ho un esame fra venti giorni.
Donna: Io non ho potuto studiare, perché non avevo abbastanza testa. Poi è arrivato lui (indica con dolcezza lo scompartimento dov’è il bambino) e non ci ho più pensato. Ora è lui tutta la mia vita.
Franca: Non è una fuga?
Donna: Può darsi, ma mi fa sentire indispensabile per qualcuno. Quando crescerà, ricomincerò a pensare a me. Forse mi sposerò, tanto per avere un po’ di compagnia.
Franca: A volte in due si è ancora più soli.
Donna: Ma almeno agli occhi degli altri sei a posto.
Silenzio.
Donna: Vado in bagno a sciacquarmi.
Franca: Se trovi un po’ di “roba”, portamene, ne ho bisogno.
Le due ridono. La donna si allontana ed esce di scena. Esce Sandro dallo scompartimento, stiracchiandosi.
Sandro: E’ già chiaro. Tra qualche minuto ci siamo.
Franca: Io non vengo da tua madre. Sono molto stanca.
Sandro abbassa gli occhi, muto.
Franca: Domani ti telefono, per spiegare a tua madre… Dille di scusarmi. Le parlerò.
Sandro: E con me non vuoi parlare?
Franca: Non c’è molto da dire.
Sandro: Andrai con lui? (Indica verso Luca)
Franca: No.
Dallo scompartimento della donna il bambino chiama “Mamma, mamma!” Franca si dirige verso di lui.
Franca: La mamma torna subito. Rimango io intanto con te.
Franca entra nello scompartimento del bambino; Sandro rientra nel suo e lo richiude.
Arriva Teresa con una valigia. La segue Alberto, anche lui con una valigia e con il diario in mano.
Alberto: Teresa! Stavi dimenticando questo (mostra il diario).
Teresa: Grazie, Alberto, ma non mi serve più.
Teresa prende in mano il diario e lo infila in un bidoncino per bibite. Guarda il marito sorridente. I due si abbracciano. Ritorna dal bagno la donna, che entra nel suo scompartimento. Arrivano le due sorelle; Susi, ancora in preda a spasmi di dolore, è appoggiata a Jenny.
Jenny: Visto che ora il training non lo puoi fare, tanto vale che mi aiuti con le valigie, no?
Susi: Manca ancora qualche minuto. Proverò a rilassare i muscoli appoggiandomi alla parete…
Susi si appoggia alla parete del treno, ma troppo vicino alla porta dello scompartimento dei ragazzi; Sandro e Luca escono con gli zaini in spalla e spingono Susi, che si rassegna a prendere una valigia. Jenny riconosce i ragazzi e diventa subito frizzante.
Jenny: Salve! Era proprio destino che ci incontrassimo di nuovo!
Sandro (fingendo di non riconoscerla): Devo aver dimenticato le scarpe da tennis dentro… (Rientra nello scompartimento e lo richiude).
Luca: Ti aiuto a cercarle! (Come Sandro)
Susi: Hai fatto proprio colpo, vedo.
Jenny fa spallucce e si mette composta ad aspettare. Susi continua a tenere una mano sulla pancia e a fare smorfie. I coniugi rimangono abbracciati e sorridenti. Dallo scompartimento della donna esce Franca con un biberon in mano.
Franca (alla donna dentro lo scompartimento): Nessun disturbo, figurati! Te lo riempio alla fontanella della stazione: è acqua potabile. Poi te lo passo su.
Franca entra nel suo scompartimento, dal quale escono subito i due ragazzi, che prendono le distanze da Jenny.
Sandro: Allora, ci risentiamo presto.
Luca: Io intanto prenoto il traghetto.
Sandro: Non sarà troppo tardi?
Luca: E chi vuoi che vada in Sardegna alla fine di agosto?
Sandro: Solo noi!
Luca: E magari qualche Sigrid…
I due ragazzi ridono e si schiaffeggiano in modo scherzoso. Franca esce dallo scompartimento con lo zaino in spalla e con il biberon in mano. Resta lontano dai ragazzi. Il treno si ferma. Tutti attendono l’apertura delle porte, ammassandosi. Finalmente le porte si aprono. Con brusio i personaggi scendono (dal palco) e scorrono sotto la scena che rappresenta il treno. Ora la donna e il bambino sono soli sul treno. La mamma canta sottovoce una dolce canzone.
Fischio del treno.
SIPARIO
COMMEDIA IN DUE ATTI
DI CRISTINA LANARO
I°ATTO
Personaggi:
Jenny, giovane donna frivola
Susi, sorella di Jenny
Teresa, giovane donna affascinante
Alberto, marito di Teresa
Controllore
Poliziotto
Siamo alla fine degli anni ’80. La scena si apre su due scompartimenti di prima classe, vagone-letto. I due scompartimenti sono chiusi. Se ne apre uno con due cuccette occupate: Jenny è seduta in una cuccetta, con le gambe a penzoloni, mentre nell’altra cuccetta Susi sta leggendo. Susi indossa un pigiama, Jenny una tuta.
Jenny: Dove hai messo il mio beauty?
Susi: Lo hai messo tu nella valigia.
Jenny comincia a rovistare nella valigia, rovesciando per terra alcuni indumenti.
Jenny: Non lo trovo…
Susi: Lo hai messo di lato, sotto il mio accappatoio.
Jenny trova il beauty. Si infila le ciabatte.
Jenny: Vado in bagno… Cielo! Il dentifricio (aprendo il beauty)… Ho dimenticato il dentifricio in albergo a Parigi!
Susi: Prendi il mio: è nella tasca laterale.
Jenny prende il dentifricio e si dirige verso il bagno. Susi scende dalla cuccetta, rimette gli indumenti nella valigia e ne estrae un sacchetto di caramelle. Si ridistende nella cuccetta, legge e mangia una dopo l’altra le caramelle, scartandole rumorosamente.
Nel frattempo dall’altro scompartimento, che rimane per il momento chiuso, si sentono le voci di Teresa ed Alberto. Nonostante le tende oscuranti, si nota che all’interno dello scompartimento la luce è accesa.
Teresa: Dormi già?
Alberto: No, cucciola, sto leggendo.
Teresa: Ho caldo; apriamo un po’ il finestrino?
Alberto: Meglio di no. Il tuo raffreddore potrebbe peggiorare.
Teresa: Hai ragione, amore.
Breve silenzio.
Teresa: Cosa stai leggendo?
Alberto: “Lo spirituale nell’arte”, di Kandinsky.
Teresa: Ah!
Alberto: Vuoi che legga ad alta voce?
Teresa: Sì. Grazie, tesoro.
Alberto (con tono ispirato): “L’irrefrenabile voglia di esprimersi dell’elemento oggettivo è la forza che abbiamo chiamato necessità interiore e che cerca nel soggettivo oggi una forma, domani un’altra. E’ la leva instancabile, la molla che spinge continuamente in avanti. Lo spirito procede e…” Tesoro? Ma come, ti sei già addormentata! Buona notte, cucciola.
Viene spenta la luce nello scompartimento della coppia sposata. Ritorna Jenny, canticchiando. Rientra in cuccetta e butta a terra il beauty. Si tuffa nella sua cuccetta. Susi continua a scartare caramelle. Jenny si rigira più volte, inquieta.
Jenny: Sono dovuta andare nel bagno della seconda classe.
Susi continua a leggere e a succhiare caramelle.
Jenny: Il bagno del nostro vagone è rotto. Me l’ha detto il controllore: un tipo interessante, ma di una serietà! Sposato, credo.
Silenzio di Susi.
Jenny: Ho incrociato due ragazzi che uscivano dal bagno: uno aveva una faccia da cadavere che faceva paura. Così gli ho chiesto se aveva bisogno di qualcosa. Abbiamo chiacchierato un po’ e… Sai di dove sono?
Susi: Chi?
Jenny: I tipi del cesso!
Susi: (Con tono indifferente) Della nostra stessa città.
Jenny: Esatto! E uno, non lo zombi, quell’altro, sai dove abita?
Susi: (Stesso tono indifferente) Vicino a casa nostra.
Jenny: In via Carducci 5, di fronte alla farmacia.
Susi: Comodo.
Jenny: Sia alle aspirine che al nostro appartamento.
Susi: Se ha intenzione di frequentarti avrà bisogno di parecchie aspirine…
Jenny: Per conquistare te, invece, basta una confezione gigante di Sperlari… Smettila, dai, con quelle caramelle!
Susi: La smetterò quando tu la smetterai di correre dietro a tutti gli uomini che vedi.
Jenny: Lascia stare le prediche, ok? Me ne hai fatte abbastanza a Parigi. E per cosa, poi? Non ho fatto niente di male…
Susi: Tranne la sera del mangiatore di fuoco…
Jenny: Beh, la mia era pura curiosità scientifica. Non è colpa mia se quello ha capito diverso… Del resto c’era la differenza di lingua.
Susi: Lasciamo perdere. Vorrei tornare a leggere. ‘Notte.
Breve silenzio.
Jenny: Hai qualcosa da leggere anche per me?
Susi prende una rivista e gliela lancia.
Jenny: Che roba è?
Susi: Arte.
Jenny: Tanto per cambiare… Ma tu non leggi mai, che so… “Grazia”, “Gente”, “Topolino”?
Susi: Se non ti va, lascialo.
Entrambe leggono. Jenny sfoglia nervosamente la rivista.
Jenny: Chiudi tu?
Susi chiude la porta dello scompartimento.
Un attimo dopo arriva il controllore. Bussa ad entrambi gli scompartimenti, dicendo: “Biglietti, prego”. Apre la porta dello scompartimento della coppia sposata.
Controllore: (Parlando sottovoce per non svegliare Teresa) Scusi. I biglietti, per favore.
Alberto mostra i biglietti di entrambi. Il controllore ringrazia e cerca di richiudere la porta. Non ci riesce. Riprova più volte, aiutato anche da Alberto, senza risultato.
Controllore: Che guaio! Purtroppo non ci sono scompartimenti vuoti… Ma potreste trasferirvi in uno già occupato, se c’è qualcuno disposto…
Alberto: (Gentile) No, no, non si preoccupi. Non vogliamo disturbare nessuno. E poi, come vede, a mia moglie non dà fastidio la luce. Io, poi, beh… Casomai leggo… Non si preoccupi, veramente.
Controllore: Sono dispiaciuto… Prima il bagno rotto, adesso la porta che non si chiude…
Alberto: Ma non è colpa sua. Non si preoccupi.
Controllore: Allora, buon riposo.
Il controllore bussa nuovamente all’altro scompartimento e lo apre.
Controllore: Biglietti, prego.
Jenny: Salve, ci rivediamo!
Controllore: (Un po’ imbarazzato) Già!
Jenny: Sorellina, li hai tu i biglietti?
Susi prende i biglietti e li porge al controllore.
Controllore: Grazie, signora. Sorelle? Non si direbbe. (Restituisce i biglietti) La vostra fermata è alle sei e trenta. Scusate per il disturbo. Buona notte.
Il controllore esce e chiude lo scompartimento delle sorelle.
Susi: (Emette un lamento) Ah...!
Jenny: Che hai? Che c’è?
Susi: Lo stomaco. Delle fitte tremende. Ah..!
Jenny: Ci risiamo: le caramelle.
Susi: Macché caramelle. E’ l’ulcera. Lo sapevo che mi sarebbe tornata. Del resto me la sono cercata: a Parigi con te: che idea! Ah..!
Jenny: Prova a metterti a pancia in giù.
Susi: E’ peggio. Ah..!
Jenny: Apri il finestrino, prendi un po’ d’aria!
Susi: Ma se è già spalancato: lo hai aperto tu prima. Ah..!
Jenny: Prova a camminare un po’, vai in corridoio…
Susi, sempre dolorante e piegata in due, esce dal suo scompartimento, senza spostarsi di molto. Si distende a terra e si mette a fare training autogeno. Il treno si ferma. All’improvviso si sentono latrati e trambusto di vario tipo, urla, voci di poliziotti. Jenny e Alberto escono dallo scompartimento. I loro sguardi spaventati si incrociano. Entrambi chiedono: “Che succede?”, poi guardano a terra il corpo disteso di Susi ed urlano, contemporaneamente.
Alberto: Sono un medico, lasci fare a me.
Jenny: Susi, Susi!
Alberto: Il battito è normale… E’ tutto normale. Sembra solo svenuta. E’ meglio spostarla da qui.
Jenny: No! La lasci stare. Ho capito: lo ha fatto un’altra volta.
Alberto: Cosa?
Jenny: Ha fatto il training autogeno ed ora rimane così chissà per quanto. Ogni volta che c’è un problema, fa il training e rimane in letargo finché tutto è passato. E’ il suo modo di evadere… Oltre a mangiare caramelle.
Alberto: In effetti emana un forte profumo di liquirizia.
Jenny: Mi stupisce che non sia ancora diventata gommosa.
Fuori campo si sente qualcuno gridare: “E’ qui, nel cesso del terzo vagone, seconda classe”. Entrano nel corridoio il controllore e il poliziotto.
Poliziotto: Fermi dove siete! Cosa ci fa quella per terra?
Alberto: Training autogeno… Ma che succede?
Controllore: Purtroppo, signori, dobbiamo fare dei controlli. C’è uno spacciatore sul treno. Signora, la prego, si alzi (rivolto a Susi).
Naturalmente Susi non si alza. Il controllore e il poliziotto entrano nello scompartimento della coppia sposata. Teresa si sveglia e si spaventa.
Teresa: Che volete? Dov’è mio marito?
Alberto: Sono qui, amore (entrando). Non succede niente. Questi signori devono perquisire il treno. Vieni, usciamo.
Teresa, ancora insonnolita, non reagisce.
Poliziotto (duro): Veloce, signora!
Teresa e Alberto escono. Alberto abbraccia Teresa con atteggiamento protettivo; Jenny è inginocchiata accanto alla sorella e fa alcuni tentativi per farla uscire dallo stato di training. Nello scompartimento della coppia sposata il controllore e il poliziotto mettono sottosopra ogni cosa, parlando a voce alta: “Qui non c’è niente”, “Guarda dietro gli specchi”, “Presto, tra un po’ il treno si ferma. Dobbiamo finire i controlli prima”, “Niente”, “Nell’altro… è l’ultimo. Poi c’è la seconda classe”. I due escono.
Poliziotto: Scusate, ma devo perquisirvi.
Teresa: Come?
Poliziotto: Di lei, naturalmente, si occuperà una collega… Venga!
Il poliziotto si allontana con Teresa. Alberto la rincuora da lontano, poi si rivolge a Jenny.
Alberto: Si riprende? (Indicando Susi)
Jenny: Macché!
Nel frattempo il controllore ha perquisito lo scompartimento delle due sorelle. Ne esce. Si rivolge a Susi ancora distesa a terra.
Controllore: Signora, la prego, si alzi: la dobbiamo perquisire!
Jenny: Mia sorella non la sente per il momento. Può perquisire me intanto… (Suadente).
Controllore (un po’ imbarazzato): Non sarò io a farlo… Venga, signorina, mi aiuti a portare sua sorella nello stanzino delle lenzuola… Vi perquisiranno là.
Il controllore e Jenny alzano di peso Susi e la portano fuori. Rientra Teresa, ancora un po’ confusa, corre dal marito e lo abbraccia.
Teresa: Oh, amore!
Alberto: Ti sei spaventata? Ti hanno offeso in qualche modo?
Teresa: Ma no, ma no! C’era una donna poliziotto: è stata gentile. Fanno solo il loro dovere.
Si abbracciano ancora in silenzio, poi lei rientra nello scompartimento.
Teresa: Devo sistemare.
Alberto: Vuoi una mano?
Teresa: No, tesoro, è meglio che faccia io. In due si fa fatica: è così stretto qui.
Mentre lei riordina, cadono a terra alcuni libri. Alberto raccoglie un diario con una copertina vistosa, a fiorellini.
Alberto (sorridendo): E questo cos’è?
Teresa: Dammi! (Con tono e gesti bruschi; poi riprende il tono abituale, va verso Alberto e gli fa un buffetto sulla guancia). Non è niente di particolare, tesoro… Qualche riflessione… Stupide annotazioni… Di viaggio.
Alberto: Se sono uscite dalla tua testolina non possono essere stupide (cercando di riprendere il diario).
Teresa: E invece sì! (di nuovo brusca, strappandoglielo di mano; poi abbraccia il marito) Oh, amore, sono così stanca! Quando arriveremo in albergo?
Alberto: Se non ci sono intoppi seri, arriveremo verso le sette. Dalla stazione all’albergo non c’è molta strada… La vacanza continua, amore!
I due si staccano e sistemano assieme lo scompartimento. Teresa mette il diario nella sua borsetta. Rientrano Jenny e il controllore, portando a peso Susi. La rimettono distesa a terra nella stessa posizione di prima.
Controllore: Sicura che si riprende?
Jenny: Certo! Quando si sentirà di nuovo in forma aprirà gli occhi.
Controllore: Se lo dice lei… Scusi, signore, la polizia deve perquisirla. (Rivolto ad Alberto, il quale esce dallo scompartimento e si mette con le braccia alzate).
Alberto: Preferirei lo facesse lei, qui. Non vorrei lasciare sola mia moglie.
Controllore (dopo un breve momento di incertezza): Come vuole.
Il controllore perquisisce velocemente Alberto.
Controllore: Tutto a posto. Scusate ancora per il disturbo. (Poi, rivolto al poliziotto che non si vede) Continuiamo con la seconda classe?
Dal fondo del corridoio arriva il poliziotto. Il controllore e il poliziotto escono di scena. Alberto e Teresa hanno finito di sistemare. Teresa si infila nella cuccetta.
Teresa: Tu non vieni a dormire?
Alberto: Tra un po’, cucciola. Tu riposati intanto. Buona notte.
Teresa: Buona notte, tesoro.
Teresa gira la schiena al marito. Alberto esce e sorride a Jenny.
Jenny: Siete in viaggio di nozze?
Alberto: No, perché?
Jenny: Pensavo… Per via di tutti quei sorrisi… Che sciocchezza, vero?
Alberto: Nient’affatto. Mi fa piacere che lei ci veda ancora tanto innamorati, perché in effetti lo siamo. Quest’estate Teresa mi ha convinto a fare una vacanza un po’ più lunga del solito. Ora andiamo a visitare una mostra: di Kandinsky. Non so se lei ama l’arte…
Jenny (fingendosi competente ma modesta): Beh, l’amo molto ma non si è mai abbastanza competenti… Sebbene mi tenga aggiornata… Proprio poco fa stavo leggendo appunto, a proposito di Kandinsky, di come per lui “la forza spirituale dell’arte si serve di una forma attuale solo come gradino per andare oltre…” (si interrompe un po’ in difficoltà).
Alberto (infervorato): Ma certo! La sua grande genialità sta infatti nell’aver compreso che “l’azione della necessità interiore e lo sviluppo dell’arte sono una progressiva espansione…”
A questo punto Susi si sveglia e si mette seduta. Sorride alla sorella, che ricambia; sorride ad Alberto, che ricambia, poi si rivolge verso il pubblico.
Susi: Ho nausea.
Jenny: Vieni, ti accompagno in bagno.
Le due escono, dirigendosi in bagno. Alberto prende dal suo scompartimento la borsa della moglie, che nel frattempo si è riaddormentata e ne estrae il diario. Tenendo la borsa appoggiata alla spalla, comincia a leggere. Si sente la voce della moglie (è nella mente di Alberto), mentre viene illuminato solo il diario e il viso di Alberto, inizialmente sorridente e commosso.
Teresa (solo voce): Tra qualche minuto partiamo. Lui è al bar, io sono già sul treno. Di Parigi mi rimane il ricordo di migliaia di quadri, sculture, palazzi, musei e della sua voce calma e rilassante che mi spiega, mi guida. Ricordo anche le sue mani, sempre pronte ad accarezzarmi, a stringermi, a proteggermi. E i suoi occhi, così dolci, ma così dolci che… Che noia! (Sul volto di Alberto c’è sorpresa) Sì, che noia. Sempre così perfetto, sempre così presente! Non c’è problema che lui non sappia risolvere, un dubbio che lo possa turbare. Mai un momento di follia, mai uno scatto di eccentricità. In cinque anni di matrimonio tutto si è svolto come lui ha voluto: ho lasciato il lavoro, perché lui guadagnava abbastanza per entrambi; ho abbandonato le mie vecchie amicizie per dedicarmi esclusivamente a lui; ho finto di entusiasmarmi per l’arte contemporanea, mentre dentro di me la consideravo e la considero tutt’ora nient’altro che un ammasso di sgorbi. Che fallimento! Ormai sono invischiata senza rimedio. L’unica mia evasione è il sonno. Quando dormo, sogno e quando sogno mi vedo correre leggera in un prato verde, assieme a tante bambine dai vestiti svolazzanti e mentre corriamo ci prendiamo per mano, ma solo un attimo. Poi ognuna riprende la sua corsa, leggera, con gli occhi rivolti al cielo luminoso…
Alberto, distrutto, lascia scivolare dalla spalla la borsa; abbassa lo sguardo ancora con il diario tra le mani. Le luci si abbassano. Buio.
La scena torna ad illuminarsi: è l’alba. Si vede l’interno di entrambi gli scompartimenti. I due coniugi sono seduti uno di fronte all’altro. Teresa sfoglia distrattamente una rivista, Alberto guarda dal finestrino del corridoio. Nell’altro scompartimento le due sorelle spostano bagagli, facendo un gran trambusto.
Jenny: Dove cavolo ho messo la mia borsa?
Susi si tiene perennemente una mano sulla pancia dolorante.
Susi: Ce l’hai a tracolla.
Jenny: Quanto manca all’arrivo?
Susi: Circa mezz’ora.
Jenny: Mezz’ora? E mi spieghi perché mi hai già fatto preparare i bagagli?
Susi: Quando avrai finito te lo spiegherò.
Susi si siede, sempre visibilmente sofferente, mentre Jenny continua a rovistare in ogni angolo dello scompartimento, chiedendo ogni tanto: “Ma dove cavolo è..?”
Teresa: C’è il sole?
Alberto: Sì. Sarà una giornata meravigliosa (con tono malinconico).
Teresa: Come ogni altro giorno passato con te, tesoro. (Alberto non muta la sua espressione triste. Segue un breve silenzio). Mi leggi tu qualcosa? Ho gli occhi stanchi…
Alberto (dopo un attimo di silenzio): Certo, amore. (Mentre Teresa ha gli occhi chiusi, Alberto prende dalla borsetta il diario e comincia a leggere) Dunque, vediamo un po’… Ecco: 25 agosto. Tra qualche minuto ripartiamo. Lui è al bar… (Si interrompe, sentendo l’impulso di piangere).
SIPARIO
II° ATTO
Personaggi:
Franca, ragazza
Sandro, ragazzo di Franca
Luca, amico di Sandro
Donna con bambino
Viaggiatore
Personaggi del primo atto
La scena si apre su due scompartimenti di seconda classe: uno con la porta aperta, l’altro con la porta chiusa e con la tenda tirata. Dalla porta aperta si vede: da un lato la ragazza, Franca; di fronte a lei un ragazzo, Luca; di spalle, affacciato al finestrino, Sandro, con le cuffie.
Luca: E’ già la terza volta che si spara in cuffia i Pink Floyd da quando siamo partiti da Parigi.
Franca: Lo aiuta a non pensare… Finché non finiscono le pile almeno.
Luca: Forse sei troppo dura con lui.
Franca: Forse.
Luca: Cosa farai appena arrivata?
Franca: Mi fermerò a casa sua: sua madre ci aspetta.
Luca: Sua madre ti è molto affezionata.
Franca: Purtroppo, sì.
Luca: Prima, quando è andato in bagno, era pallidissimo…
(Nessun commento della ragazza)
Luca: Forse gli ha fatto male la birra presa alla stazione.
Franca: Non credo.
Entra il controllore.
Controllore: Biglietti, prego.
Luca tocca leggermente su una spalla Sandro; questo si gira, vede il controllore, toglie le cuffie e mostra il biglietto, poi si siede accanto alla ragazza. Il controllore esce.
Sandro: E’ una notte calda.
Luca: Chissà se riusciremo a dormire qualche ora.
Franca: Di sicuro ci verrà sonno all’alba, proprio quando dovremmo scendere. Succede sempre così.
Luca: Beh, io provo a dormire un po’.
Luca si distende.
Sandro (a Franca): Mi distenderei anch’io. Posso appoggiarmi a te?
Franca rivolge a Sandro uno sguardo dolce ma triste. Sandro si distende e appoggia il capo sulla spalla di Franca, che con un piede chiude la porta e con una mano tira la tenda.
Si apre la porta del secondo scompartimento. Ne esce una giovane donna, che richiude la porta dietro di sé. Si stiracchia e comincia a camminare lentamente lungo il corridoio. Passa il controllore, che le sorride. Lei ricambia, con poco entusiasmo.
Controllore: E il bambino? Dorme?
Donna: Sì, si è addormentato proprio ora.
Controllore: Vi aspettano ancora parecchie ore di viaggio.
Donna: Vado a casa dei miei genitori. Per le vacanze. Abitano in campagna. A mio figlio piace la campagna.
Controllore: Ah, certo. Corrono all’aperto, urlano finché vogliono e vedono un sacco di animali. Anche la mia bambina, quando la portiamo in campagna…
Donna: Quanti anni ha sua figlia?
Controllore: Cinque anni, ma ne dimostra di più quando parla.
Donna: Il mio ne ha tre.
Breve silenzio.
Donna: Ci saranno molte fermate durante la notte?
Controllore: No. Solo verso mattina si faranno più frequenti… Sa, i pendolari, gli studenti… Ma, mi scusi, come mai non ha preso la cuccetta, col bambino piccolo?
Donna (un po’ in imbarazzo): Sì, ci avevo pensato, ma ho preferito risparmiare. Tanto domani sera arriviamo dai miei e lì possiamo dormire quanto vogliamo. Non si fa altro che dormire in campagna. Mangiare e dormire.
Da un punto indistinto del treno si sente improvvisamente un frastuono.
Controllore: Mi scusi. (Si allontana in direzione del rumore)
Donna: Prego.
La donna, rimasta sola, si accende una sigaretta. Dallo scompartimento dei ragazzi esce Franca. Anche Franca accende una sigaretta.
Donna: Non riesce a dormire?
Franca: No, anche se ho un sonno..!
Breve silenzio.
Franca: Prima ho conosciuto il suo bambino… E’ il suo bambino, vero?
Donna (con sguardo compiaciuto e assente): Sì.
Franca: Anch’io, in un certo senso, viaggio con un bambino… Forse con due.
Donna: Come dice?
Franca: Dicevo che il suo bambino è molto grazioso.
Donna: Sì, è anche molto educato per la sua età…
Franca (facendole il verso): E intelligente…
Donna (sempre più compiaciuta): E parla già molto bene…
Franca: E’ uno spasso ascoltarlo!
La donna coglie l’ironia di Franca e si irrigidisce improvvisamente. Franca cambia tono, diventando ora complice.
Franca: Guarda qua, è proprio vero che ormai fumano solo le donne.
Donna: E’ l’unico vizio… Sarà sempre meglio fare del male a se stessi che agli altri.
Franca: Io faccio entrambe le cose.
Donna: Io invece non fumo mai in presenza di chi fuma e assolutamente mai davanti a mio figlio.
Franca, evidentemente non compresa, sorride educatamente e si allontana di qualche passo, poi si rannicchia lungo il corridoio. La donna estrae dalla borsetta uno specchietto e si rifà il trucco. Arriva un viaggiatore con in mano una voluminosa borsa da viaggio, che attraversa il corridoio, facendo alzare Franca; esce dalla parte opposta della scena. Franca si risiede e appoggia la fronte sulle braccia che tiene incrociate sulle ginocchia, ma il viaggiatore ritorna quasi subito e le si ferma davanti.
Viaggiatore (a Franca): Scusi.
Franca (alzandosi per farlo passare): Scusi lei.
Viaggiatore: E’ la terza volta che cerco di entrare in bagno, ma è sempre occupato.
Donna: Provi nell’altro vagone. Tra l’altro è una prima classe e può darsi che il bagno sia migliore.
Viaggiatore: Per quello che devo fare va benissimo la seconda classe!
Il viaggiatore ride sguaiatamente, poi si ricompone, incrociando lo sguardo di disprezzo di Franca, che dopo questa uscita del viaggiatore torna ad accucciarsi rivolgendo lo sguardo altrove.
Viaggiatore: Aspetterò. Tanto non ho fretta… Dovrò viaggiare ancora qualche ora. E lei? (Rivolto alla donna)
Donna: Io passerò tutta la notte in treno, ma credo che non dormirò molto perché ho mio figlio con me e sono un po’ preoccupata… si potrebbe svegliare e…
Viaggiatore: E lei? (Rivolto a Franca)
Franca: E io cosa?
Viaggiatore: Dicevo… Lei dormirà… Lì?
Franca: Può essere. (Infastidita)
Viaggiatore: Mi scusi, non volevo disturbare…
Donna: Ma no, non ci ha disturbate!
Franca, innervosita dai due, ritorna nel suo scompartimento, che richiude dietro di sé.
Donna: E’ una ragazza un po’ strana… Prima diceva di avere un bambino con sé, ma con lei c’è solo un ragazzo, anzi due.
Viaggiatore: E così lei ha un figlio. Così giovane… E suo marito? Viaggia con voi?
Donna: Non sono sposata. Non lo sono mai stata.
Viaggiatore: Anch’io sono felicemente single.
Donna: Io sono single, non felice.
Viaggiatore (sulle difensive): Eppure io ritengo che si possa benissimo condurre una vita autonoma, libera da compromessi, emotivamente equilibrata, senza cadere nella trappola del matrimonio e senza per questo soffrire…
Donna: E i calzini?
Viaggiatore: Quali calzini?
Donna: I calzini chi glieli appaia? E le camicie e i pantaloni chi glieli lava?
Viaggiatore (un po’ imbarazzato): Io credo che la libertà non debba sottostare ai luoghi comuni convenzionali…
Donna (divertita): Allora chi lava per lei?
Viaggiatore: Io non ho mai comprato la lavatrice… Per una persona che vive sola è uno spreco… Del resto non la saprei usare…
Donna (trionfante): Lei porta tutto alla mamma!
Viaggiatore: Beh, sì, ma che c’entra? Per lei è l’unica occasione di sentirsi ancora indispensabile e per me è una comodità… Non credo che si giudichi da questo la libertà di un uomo.
Donna: Invece si giudica proprio da questo. Non esiste un uomo solo che si sappia lavare e stirare la biancheria senza essere frocio e perciò non esiste un uomo veramente single. Infatti mi spieghi per quale motivo un uomo non dovrebbe usare la lavatrice… E’ forse più complessa di un computer? E’ più pericolosa di una sega elettrica? No, però fa paura perché è il cordone ombelicale che non si vuole tagliare…
Il viaggiatore ride, poi si ricompone.
Viaggiatore: Beh, immagino che lei insegnerà presto a suo figlio l’uso della lavatrice…
Donna: Io non ce l’ho. Ma gli insegnerò a lavare la biancheria a mano.
La donna si è chiusa in se stessa. Dopo breve pausa d’imbarazzo, l’uomo ritorna all’attacco.
Viaggiatore: Perché non è felice? Se ha un bel bambino, e immagino che sia così, un bambino che lei ama, voglio dire… Non le basta? Io ho molto meno, ma il poco che ho mi basta.
Donna: Quando ero più giovane, non sentivo il bisogno di un uomo, ma adesso…
Viaggiatore: Ma lei è ancora giovane!
Donna: Le donne invecchiano velocemente. Soprattutto dentro.
Viaggiatore: Eppure credo che quello che lei ha dentro valga molto.
La donna, un po’ imbarazzata, si gira dall’altra parte, assorta per qualche istante.
Donna: Mi scusi, vado a vedere se il bambino dorme.
Viaggiatore: Prego, prego.
La donna rientra nel suo scompartimento e lo richiude. L’uomo si dirige verso il bagno ed esce di scena. Si apre lo scompartimento dei ragazzi, ma non ne esce nessuno. Sandro dorme appoggiato al sedile in fondo. In primo piano Luca e Franca si guardano intensamente, per un po’ muti.
Luca: E’ il mio migliore amico.
Franca: Questo lo so.
Luca distoglie lo sguardo da Franca e si appoggia allo schienale. Franca fa altrettanto.
Franca: Vuoi un biscottino?
Luca: No, grazie. Ce l’hai un po’ d’acqua? Ho una sete…
La ragazza si alza e prende l’acqua dallo zaino. La porge a Luca, il quale beve e restituisce.
Luca: Grazie. Tu non bevi?
Franca: Non capisco se ho sete o no. Mi sembra che tutto faccia lo stesso. Andare, restare, sparire… Sparire forse sarebbe la cosa migliore.
Luca: A me dispiacerebbe se tu sparissi… (Si pente immediatamente del tono affettuoso) E a lui ancora di più.
Franca: Appunto. Almeno si tratterebbe di un allontanamento fisico. Gli farebbe meno male. E’ così razionale… Fa fatica a concepire quello che non tocca con mano.
Luca si avvicina a Franca e sfiora con la sua mano la guancia di lei. Sandro si sveglia di soprassalto, fissa ad occhi sbarrati i due e poi si alza in piedi. Franca e Luca si sentono scoperti. Rimangono fermi, paralizzati.
Sandro: C’è un po’ d’acqua?
Franca gli passa la bottiglia. Sandro beve un breve sorso. Poi si mette una mano sulla fronte.
Sandro: Ho i brividi.
Luca: Bevi, fa bene bere.
La ragazza si rannicchia nel suo sedile, voltando le spalle a Sandro che inscena uno stato di malessere.
Sandro: Anche prima mi sentivo caldo…
Luca: Forse non hai digerito bene. In viaggio, a volte…
Sandro: Mi viene da vomitare…
Luca: Sei pallido.
Sandro: Vado in bagno.
Luca: Ti accompagno.
I due escono. Luca sorregge Sandro, accompagnandolo verso il bagno. I due incrociano il viaggiatore di ritorno dal bagno. L’uomo inizialmente non si ferma davanti allo scompartimento dei ragazzi, ma poi torna indietro e guarda dentro. Franca lo guarda con sguardo interrogativo.
Viaggiatore: Scusi, non avrebbe per caso un giornale? O una rivista. Poi gliela riporto.
Franca: Cerchi là sopra. Ci deve essere il giornale di oggi.
L’uomo entra nello scompartimento e comincia a cercare tra gli zaini sopra la testa della ragazza. La ragazza, infastidita dalla vicinanza non richiesta, esce in corridoio e richiude la porta dietro di sé. Si appoggia con la schiena tra le due porte degli scompartimenti, poi va per un po’ avanti e indietro, finché alla fine incrocia l’uomo che esce con il giornale in mano.
Viaggiatore: Trovato, grazie. Glielo rendo tra un po’.
Franca: Lo tenga pure.
Franca rientra. L’uomo prosegue con il giornale in mano. Dopo che il viaggiatore ha oltrepassato la porta dell’altro scompartimento, questa si apre e ne esce la donna.
Donna: Ecco fatto.
L’uomo si gira sorridente verso di lei.
Viaggiatore: Dorme?
Donna: Era sveglio quando sono entrata ma ora si è addormentato. Che giornale ha lì?
Viaggiatore: E’ il giornale di oggi. Me l’ha dato la signorina (indicando lo scompartimento dei ragazzi).
Donna: Mi fa vedere le pagine di cronaca? Vicino al paese dove abitano i miei, in Abruzzo, c’è stato ieri un brutto omicidio… Me l’hanno detto al telefono.
Il viaggiatore dà il giornale alla donna.
Viaggiatore: Mi sembra di aver sentito qualcosa del genere. C’entra con la droga, mi sembra.
Donna: Strano… Prima d’ora in quelle zone non era entrata.
La donna cerca la notizia tra le pagine del giornale.
Viaggiatore: Non si può mai sapere. A volte dove meno te l’aspetti…
Donna: Vuole che continuiamo a chiacchierare dentro? (Indica lo scompartimento) Per il bambino, così se si sveglia sono lì.
Viaggiatore: Cercherò di parlare piano.
Donna: Non si preoccupi: non gli dà fastidio sentir parlare.
Entrano e chiudono lo scompartimento.
Luca e Sandro tornano dal bagno. Sandro è davanti, con il volto ancora un po’ sofferente. Quando arriva davanti al proprio scompartimento, vede Franca con gli occhi chiusi e retrocede.
Sandro: Dorme, forse. Lasciamola stare.
Luca: Non vuoi distenderti anche tu? Io rimango fuori così state più comodi.
Sandro: No, no. Meglio lasciarla sola.
Breve silenzio, poi Luca riprende con tono cameratesco.
Luca: Ti ricordi il viaggio di ritorno dalla Germania?
Sandro: E’ stata la parte migliore della vacanza.
I due ridono, complici.
Luca: Tu non stavi ancora assieme a Franca ed io, tanto per cambiare, ero single.
Sandro: La tua come si chiamava? Non ricordo mai il nome. Mi ricordo solo che rideva di qualsiasi cosa. Un bel colpo di fortuna però trovarle comode, comode, lì…
Luca: Proprio di fronte a noi si sono sedute. Beh, la tua era più… Dotata! La mia però compensava con la minigonna.
I due ridono allegramente.
Sandro: Fino a quel momento però la vacanza era stata uno schifo.
Luca: Per forza! Tu continuavi a piagnucolare per Silvia. Come se non ce ne fossero state altre al mondo, di ragazze. Alla fine però ti sei rilassato, eccome!
Sandro: Non me l’hai perdonata di averti cacciato in corridoio con la tua… Come si chiamava?
Luca: Ingrid. O Sigrid? Qualcosa del genere. Beh, noi ci siamo arrangiati come abbiamo potuto. Del resto tu avevi la precedenza per “pene d’amore”.
Sandro: Ce l’avrei anche stanotte…
Luca: Che cosa?
Sandro: La precedenza.
I due tacciono ed evitano di guardarsi negli occhi. Il treno frena improvvisamente.
Sandro: Che è?
Luca: Mah, è strano che ci si fermi. La prossima fermata doveva essere tra un’ora.
I due guardano fuori dal finestrino.
Luca: E questa è solo una stazioncina. Questo treno dovrebbe fermare solo nelle città principali.
Si sente l’abbaiare di cani e voci imperiose: “Chiudere subito”, “Cominciate da lì”, “No, da questa parte”. Poi il treno riparte. Franca si sveglia ed esce dallo scompartimento.
Franca: Che è stato?
Luca: Sono saliti dei cani. C’è la polizia!
Sandro: Spero non ci siano ritardi. Mia madre ci aspetta per le sette.
Entra il controllore di gran fretta, seguito dal poliziotto.
Poliziotto: Tutti dentro agli scompartimenti, per favore. Lasciate passare!
Il poliziotto e il controllore attraversano il corridoio ed escono dalla parte opposta. I tre ragazzi rientrano, continuando però a sbirciare per cercare di capire l’accaduto. Una voce proveniente dal bagno urla forte “E’ qui! Nel cesso del terzo vagone, seconda classe!” Il controllore e il poliziotto ripercorrono a ritroso il corridoio. Si apre la porta dello scompartimento attiguo a quello dei ragazzi; il viaggiatore mette fuori la testa.
Viaggiatore: Ma che succede?
Luca esce e va verso il viaggiatore.
Luca: Stanno cercando qualcosa, non si sa… O qualcuno… Anzi hanno appena trovato… C’è la polizia. Con i cani.
Il controllore e il poliziotto riappaiono in corridoio.
Controllore (rivolto al poliziotto): In fondo al vagone c’è un uomo che viene dalla Jugoslavia… Per motivi di lavoro, dice. Mi ha insospettito perché… Ah, lei è qui? (si ferma di fronte al viaggiatore che sta ancora sbirciando dallo scompartimento della donna con il figlio) Ecco, è lui!
Poliziotto: Venga, la devo perquisire.
Viaggiatore (offeso): Mi deve prima spiegare!
Poliziotto: Purtroppo non c’è tempo. Venga!
I due si dirigono verso il bagno. Rimane il controllore.
Controllore: Voi, per favore (rivolto ai restanti), rimanete dove siete.
Donna (spaventata): Cosa succede?
Controllore: C’è stata una segnalazione da Parigi… Droga… Ne abbiamo trovata un bel po’ nascosta nel bagno. Ma il pacco era aperto. Forse possiamo rintracciare lo spacciatore. Adesso, per favore, restate dove siete.
Si sente piangere il bambino. La donna chiude lo scompartimento.
Franca: Mi sa che il giornale non lo vedo più. Qualcuno ha sete?
I due ragazzi fanno segno di no. Franca beve a lunghi sorsi.
Sandro: Devo prendere un po’ d’aria (apre il finestrino e si affaccia).
Luca (esaltato): Beh, è destino che i viaggi di ritorno dalle vacanze…
Sandro si gira all’improvviso e gli lancia uno sguardo severo. Luca si blocca, poi ricomincia a parlare, imbarazzato.
Luca: Almeno non rischiamo di addormentarci! Quel tipo, però… Sarà lui?
Franca: Spero di sì: ha una faccia da scemo. Se fosse uno spacciatore almeno risulterebbe più interessante.
Sandro: Mi dai un biscotto? (Rivolto a Franca)
La ragazza prende dallo zaino il pacco e glielo porge. Sandro si risiede e comincia a sgranocchiare. Offre anche agli altri. Ogni tanto Luca prende qualche biscotto.
Luca: Perquisiranno anche noi?
Sandro: Se non trovano lo spacciatore prima, forse.
Dal bagno ritorna il viaggiatore, seguito dal poliziotto. L’uomo si mostra offeso.
Poliziotto: Mi scusi ancora, però, sa… Tutto lasciava pensare… Ma come mai ha allungato di tanto il suo viaggio?
Viaggiatore: Non credo che i miei impegni di lavoro la riguardino.
Poliziotto: Certo, certo. (Poi, rivolto allo scompartimento dei ragazzi) Voi, per favore, dovreste uscire. Dobbiamo perquisire lo scompartimento.
Prosegue fino allo scompartimento seguente e si rivolge alla donna.
Poliziotto: Anche lei, signora. Oh, mi scusi, c’è il bambino. Può restare dentro con lui mentre perquisiamo. Cercherò di non svegliarlo.
Il poliziotto entra nello scompartimento della donna e richiude la porta dietro di sé. Il viaggiatore rimane in corridoio, accanto ai ragazzi. Si sistema la camicia. Nessuno dice niente per un po’.
Viaggiatore: Viaggio spesso in treno per lavoro, ma questo non mi era mai capitato, prima.
Luca: Che lavoro fa?
Viaggiatore: Rappresentante.
Dallo scompartimento della donna esce il poliziotto.
Poliziotto (all’uomo): La disturbo ancora… Mi fa vedere i suoi bagagli, per favore?
Il viaggiatore si dirige verso il suo scompartimento, che è fuori dalla scena, seguito dal poliziotto. La donna esce dallo scompartimento.
Donna: Avete qualcosa da mangiare? Hanno svegliato il bambino e adesso ha fame.
Sandro si avvicina alla donna e le porge la scatola dei biscotti. Guarda dentro allo scompartimento, dove c’ il bambino.
Sandro (al bambino, che non si vede): Ciao, come ti chiami? E così hai fame, eh?
Donna: Me lo farebbe giocare un po’ mentre sistemo le valigie? Hanno rovesciato tutto. Guarda che macello!
Sandro entra nello scompartimento della donna e socchiude la porta. Rimangono Franca e Luca. Si guardano.
Franca: E’ stato un viaggio pieno di sorprese.
Luca: Già. Non lo dimenticherò facilmente.
Franca: Ma lo dimenticherai.
Luca: Dimenticheremo tutti.
Franca: Io no.
Luca si gira confuso a guardare altrove.
Luca: Ho voglia di prendere un po’ d’aria. Se il treno si fermasse…
Ritorna il poliziotto con il viaggiatore che ha in mano le valigie.
Viaggiatore: Mi dovete fare altri controlli?
Poliziotto: No, può scendere tranquillamente alla sua fermata. E’ la prossima.
L’uomo prosegue in direzione del bagno e scompare.
Poliziotto: Ora devo perquisire il vostro scompartimento (ai ragazzi). I vostri bagagli sono tutti dentro?
Luca e Franca annuiscono. Il poliziotto entra e comincia a rovesciare gli zaini. Sandro esce dallo scompartimento della donna.
Sandro: Di niente, si figuri (alla donna). Ciao, piccolino (al bambino). Beh, l’hanno beccato? (A Luca e Franca)
Franca: Macché! Eccolo lì lo scemo che se ne va con le sue valigie (indica fuori dal finestrino). Era proprio solo scemo.
Sullo sfondo si vede il poliziotto che smonta la lampada centrale dello scompartimento dei ragazzi; dal soffitto cadono pacchetti bianchi. Il poliziotto fischia. Arriva di corsa il controllore.
Poliziotto (ai ragazzi): Non muovetevi! Uno alla volta sarete perquisiti. Lei, signorina, segua il controllore che la porterà dalla mia collega.
Il controllore trascina la ragazza verso il bagno.
Poliziotto (a Luca e Sandro): Tutti e due dentro allo scompartimento, presto!
Il poliziotto richiude lo scompartimento con dentro i ragazzi. La donna esce in corridoio e si accende una sigaretta. Guarda in direzione del bambino e parla dolcemente con lui.
Donna: No, non era cattivo. Neanche quello giovane era cattivo. Non mangiare tutti i biscotti. Dormi ora. Sì, tra un attimo vengo. Quale vuoi, quella di Biancaneve o delle Tre Ochette? No, quella non la so. Il nonno, lui sì che la conosce. Intanto chiudi gli occhi. Va bene, comincio. Allora: c’era una volta, tanto tanto tempo fa…
Si apre all’improvviso l’altro scompartimento. Il poliziotto esce ma continua a parlare ai ragazzi che rimangono dentro.
Poliziotto: Alla prossima stazione sarete accompagnati al comando di polizia. E’ la procedura. Dobbiamo accertarci che voi non c’entriate. Restate dove siete.
Sandro e Luca escono in corridoio, sistemandosi i vestiti. Sandro sorride alla donna, che ricambia.
Sandro: Per questa volta non ci fucilano…
Donna: Come sempre se la prendono con chi non c’entra… Scusate (rientra nello scompartimento e lo richiude).
Sandro: E se fosse lei che cercano?
Luca (indicando la donna): Chi, lei?
Sandro: No, Franca. In fondo la polvere l’hanno trovata anche nel nostro scompartimento. Io e te non c’entriamo di sicuro, ma…
Luca: Ma va! Sì? No! Beh, cavolo, tu dovresti conoscerla bene… Vi frequentate da un bel pezzo. E’ il tipo?
Sandro: E che ne so! Non è facile capirla. Un momento è dolce e candida come madre Teresa e un attimo dopo ti brucia con lo sguardo… Io so che, prima di mettersi con me, frequentava gente strana… Ma io non ho voluto sapere e lei non mi ha detto molto.
Luca: Sandro, ti ricordi a Parigi, quella sera che se ne è andata in giro da sola?
Sandro: Tre giorni fa. E’ tornata all’alba.
Luca: Ha detto di avere incontrato vecchi amici…
Sandro: Però non si buca, questo lo so di certo. Forse una volta fumava, ma ora… Credo di no… Non lo so! In realtà non so proprio niente di lei. Beh, so cosa mangia, come si veste e che musica ascolta. Ma non so cosa ci sia dentro alla sua testa. A te cosa sembra?
Luca: Ecco, Sandro, te ne avrei parlato a casa… Ma siccome siamo qui… Beh, è un po’ difficile. Tu sei il mio migliore amico e l’ami… Io farei qualunque cosa pur di non rovinare la nostra amicizia. Lo sai, vero?
Sandro: Dimmi quello che pensi, Luca, sinceramente.
Luca: Ok. Allora: a Parigi non andava troppo bene tra di voi, giusto?
Sandro: Giusto.
Luca: Io ho cercato di rimanerne fuori il più possibile, ma…
Tornano Franca e il controllore. La ragazza è in lacrime. Nessuno dei due ragazzi la consola.
Controllore: Uno di voi è il suo ragazzo?
Luca e Sandro si guardano sperduti.
Controllore: Beh, vedete di calmarla. Penso fosse tesa per qualcos’altro, perché è scoppiata a piangere ancora prima di essere perquisita.
Il controllore esce di scena. Franca si asciuga gli occhi. I ragazzi la guardano muti. Franca infine li guarda entrambi ed assume un tono duro e ironico.
Franca: Vi spiace se continuo il viaggio con voi? Sono solo poche ore… Ah, a proposito: non sono io la spacciatrice.
Franca si infila nello scompartimento e si rannicchia sul suo sedile. Anche i ragazzi rientrano e si mettono seduti, ognuno con lo sguardo fisso davanti a sé. Buio.
Lentamente albeggia e comincia ad entrare la luce dai finestrini. Entrambi gli scompartimenti sono aperti. Franca si alza, si risiede, si stropiccia gli occhi ed esce in corridoio. Dall’altro scompartimento esce anche la donna.
Donna: Non vi hanno trattenuto al comando di polizia.
Franca: Avevano già preso lo spacciatore. Era quello che mi ha chiesto il giornale.
Donna: Dio mio!
Franca: Lo hanno beccato alla stazione dove è sceso… Doveva consegnare la roba a dei tizi che si sono incavolati parecchio quando hanno capito che non ce l’aveva. Avevano già iniziato a picchiarlo quando è arrivata la polizia. Era proprio uno scemo!
Donna: Ora ho davvero voglia di un po’ di vacanza in campagna.
Franca: Per me le vacanze sono finite. Domani ricomincio a studiare. Ho un esame fra venti giorni.
Donna: Io non ho potuto studiare, perché non avevo abbastanza testa. Poi è arrivato lui (indica con dolcezza lo scompartimento dov’è il bambino) e non ci ho più pensato. Ora è lui tutta la mia vita.
Franca: Non è una fuga?
Donna: Può darsi, ma mi fa sentire indispensabile per qualcuno. Quando crescerà, ricomincerò a pensare a me. Forse mi sposerò, tanto per avere un po’ di compagnia.
Franca: A volte in due si è ancora più soli.
Donna: Ma almeno agli occhi degli altri sei a posto.
Silenzio.
Donna: Vado in bagno a sciacquarmi.
Franca: Se trovi un po’ di “roba”, portamene, ne ho bisogno.
Le due ridono. La donna si allontana ed esce di scena. Esce Sandro dallo scompartimento, stiracchiandosi.
Sandro: E’ già chiaro. Tra qualche minuto ci siamo.
Franca: Io non vengo da tua madre. Sono molto stanca.
Sandro abbassa gli occhi, muto.
Franca: Domani ti telefono, per spiegare a tua madre… Dille di scusarmi. Le parlerò.
Sandro: E con me non vuoi parlare?
Franca: Non c’è molto da dire.
Sandro: Andrai con lui? (Indica verso Luca)
Franca: No.
Dallo scompartimento della donna il bambino chiama “Mamma, mamma!” Franca si dirige verso di lui.
Franca: La mamma torna subito. Rimango io intanto con te.
Franca entra nello scompartimento del bambino; Sandro rientra nel suo e lo richiude.
Arriva Teresa con una valigia. La segue Alberto, anche lui con una valigia e con il diario in mano.
Alberto: Teresa! Stavi dimenticando questo (mostra il diario).
Teresa: Grazie, Alberto, ma non mi serve più.
Teresa prende in mano il diario e lo infila in un bidoncino per bibite. Guarda il marito sorridente. I due si abbracciano. Ritorna dal bagno la donna, che entra nel suo scompartimento. Arrivano le due sorelle; Susi, ancora in preda a spasmi di dolore, è appoggiata a Jenny.
Jenny: Visto che ora il training non lo puoi fare, tanto vale che mi aiuti con le valigie, no?
Susi: Manca ancora qualche minuto. Proverò a rilassare i muscoli appoggiandomi alla parete…
Susi si appoggia alla parete del treno, ma troppo vicino alla porta dello scompartimento dei ragazzi; Sandro e Luca escono con gli zaini in spalla e spingono Susi, che si rassegna a prendere una valigia. Jenny riconosce i ragazzi e diventa subito frizzante.
Jenny: Salve! Era proprio destino che ci incontrassimo di nuovo!
Sandro (fingendo di non riconoscerla): Devo aver dimenticato le scarpe da tennis dentro… (Rientra nello scompartimento e lo richiude).
Luca: Ti aiuto a cercarle! (Come Sandro)
Susi: Hai fatto proprio colpo, vedo.
Jenny fa spallucce e si mette composta ad aspettare. Susi continua a tenere una mano sulla pancia e a fare smorfie. I coniugi rimangono abbracciati e sorridenti. Dallo scompartimento della donna esce Franca con un biberon in mano.
Franca (alla donna dentro lo scompartimento): Nessun disturbo, figurati! Te lo riempio alla fontanella della stazione: è acqua potabile. Poi te lo passo su.
Franca entra nel suo scompartimento, dal quale escono subito i due ragazzi, che prendono le distanze da Jenny.
Sandro: Allora, ci risentiamo presto.
Luca: Io intanto prenoto il traghetto.
Sandro: Non sarà troppo tardi?
Luca: E chi vuoi che vada in Sardegna alla fine di agosto?
Sandro: Solo noi!
Luca: E magari qualche Sigrid…
I due ragazzi ridono e si schiaffeggiano in modo scherzoso. Franca esce dallo scompartimento con lo zaino in spalla e con il biberon in mano. Resta lontano dai ragazzi. Il treno si ferma. Tutti attendono l’apertura delle porte, ammassandosi. Finalmente le porte si aprono. Con brusio i personaggi scendono (dal palco) e scorrono sotto la scena che rappresenta il treno. Ora la donna e il bambino sono soli sul treno. La mamma canta sottovoce una dolce canzone.
Fischio del treno.
SIPARIO
Gastone, Stella e l’albero di Natale
Atto unico di Cristina Lanaro
Personaggi:
Gastone
Stella
Narratore/Babbo Natale
(In scena Gastone, riconoscibile per le orecchie nere pelose, dietro ad un pezzo di rete o comunque a qualcosa che ricordi delle sbarre; ulula tristemente. Entra il narratore)
N: Gastone era nero, molto nero e grosso, molto grosso. Quando Francesco lo aveva notato, un anno prima, al di là della rete del canile municipale, era solo un cucciolo abbandonato e i suoi occhi umidi e tristi sembravano dire:
G: “Eccomi, uoh, se mi vuoi sarò il tuo cane... Stavo aspettando proprio te, uoh, portami a casa tua e ti sarò fedele per sempre, uoh”.
N: E così Francesco se l’era portato a casa. (Il narratore abbassa la rete e Gastone corre felice attorno a lui, poi si ferma in un angolo). Francesco viveva con i suoi genitori in un piccolo appartamento all’ultimo piano di un alto palazzone del centro. (Il narratore finge di guardare in basso, a lato del palco). Al piano di sotto abitava Lucia, una sua compagna di classe con le trecce rosse e le lentiggini. (Il narratore finge di salutare la bambina che abita al piano di sotto). Anche Lucia aveva un cane, o meglio una cagnolina: Stella. (Sul palco sale la cagnolina; il narratore è al centro, tra i due cani). Stella era bianca, tutta bianca e più piccola, molto più piccola di Gastone. (Stella saltella allegra, annusa l’aria, abbaia). Vivace e allegra, Stella faceva impazzire Lucia rubandole continuamente la ciabatta destra e rosicchiando i lacci dello zaino di scuola:
S: “Uah, Lucia...? Uah, gioca con me, dai! Lascia stare i compiti! Prendimi... uah...prendimi...uah!”.
N: (Il narratore prende in mano una ciabatta e la mostra al pubblico). Stella rubava spesso le ciabatte a Lucia e soprattutto la ciabatta destra, perché con quella ciabatta Lucia aveva pestato un frammento di cioccolato al latte e quel dolce profumino di zucchero e cacao, mescolato alla piacevole puzza dei piedi, era irresistibile per Stella.(Stella annusa la ciabatta e cerca di prenderla con la zampetta). Insomma Stella era una monella, ed era golosa.(Stella riesce a far cadere la ciabatta e finge di scappare via; Gastone muove le zampe sulla testa come per grattarsi dietro alle orecchie). Gastone, invece, era un tontolone di cane e quando Francesco faceva i compiti in camera sua, lui si rannicchiava sotto alla sedia e attendeva, paziente, una carezza.
G: “Io sono qui... uoh...ma tu non ti preoccupare... uoh.. se hai da fare... uoh... io aspetto...”.
N: Di mattina presto a casa di Stella e Gastone succedeva il finimondo: era tutto un andirivieni dalla cucina al bagno, con sbattere di porte, tazze fumanti, spazzolini elettrici a tutta velocità, zip e bottoni, lacci e strap. Bim, bum, crrr, frrr, sbam! (I due cani muovono la testa a destra e a sinistra). Poi, all’improvviso, più niente. Gli appartamenti restavano silenziosi. Unica traccia umana, le ciabatte di varie misure e odori seminate lungo il corridoio. (Il narratore raccoglie due ciabatte da terra e le tiene in mano. Gastone ne annusa una, Stella annusa l’altra).
G: “Stella...? Uoh, ... Stella...? Mi senti? Se ne sono andati? Uoh!”
S: “Gastone...? Ciao, Gas! Uah! Sì, sono rimasta anch’io da sola... uah! Hai dormito bene, stanotte? Uah!”
G: “Ciao, Stella, uoh! Non sono riuscito a dormire molto, uoh... sai, per via dei camion della raccolta differenziata... uoh! Ma possibile che debbano fare tutto quel rumore? Uoh!”
S: “Io non ho sentito niente, uah! Però anch’io ho dormito poco, uah! Forse ieri sera ho un po’ esagerato con le crocchette... uah! Lucia me l’aveva detto, uah: guarda, Stella, che se mangi così in fretta, dopo stai male..”.
N: I due cani erano soliti chiacchierare a lungo non appena i reciproci padroni li lasciavano da soli; le loro chiacchiere venivano scambiate per lamenti dai vicini che li sentivano e qualcuno li sgridava per il loro abbaiare. (I due cani abbaiano come se stessero comunicando; ad un certo punto il narratore di zittisce con uno “shhh”). Gastone e Stella allora restavano zitti per un po’, poi ricominciavano, ma piano:
G: “Ehi, Stella, ci sei ancora?... Uoh!”
S: “Certo che ci sono... uah... e dove vuoi che vada? Uah!”
G: “Ci vediamo stasera al parco? Uoh!”
S: “Spero di sì, se Lucia mi porta, uah”
G: “Ok, ci vediamo là, uoh!”
S: “Ok, ciao Gastone, a stasera... uah!”
Silenzio.
(Gastone e Stella si grattano le orecchie).
S: “Gastone...? Uah!”
G: “Sììì...? Uoh!”
S: “Vuoi che ti racconti una barzelletta? Uah!”
G: “Racconta, dai! Uoh!”
S: “Bene, allora: uah, ci sono due cani poliziotto che...”
N: “Silenzio!”
S: (Abbassando il tono della voce) “...che passano davanti ad una banca, uah, e vedono...”
N: “Fate tacere quei cani, insomma...!”
S: “Magari te la racconto un’altra volta, uah... Ciao, Gas!”
G: “Ciao, Stella, uoh!”.
N: Nel tardo pomeriggio, finiti i compiti, sia Francesco sia Lucia accompagnavano i rispettivi cani al parchetto del quartiere. Gastone e Stella, quando si vedevano da lontano, fingevano di non conoscersi, ma quando erano vicini, mentre i due bambini si lamentavano dei compiti, i due cani approfittavano della vicinanza per annusarsi alla massima potenza, muso contro muso e le loro code impazzite disegnavano nell’aria una danza gioiosa. (I due cani si avvicinano, si annusano, si mordicchiano le orecchie). In quelle occasioni non abbaiavano, per non venire immediatamente allontanati. Ciò che Gastone avrebbe voluto dire a Stella era più o meno questo:
G: “Hai sentito che odore pungente di bosco c’è stasera? E quest’arietta fresca...: mi sembra... sì, mi sembra che anche l’aria oggi sia pungente...”
N: E Stella avrebbe voluto rispondere:
S: “Macché odore di bosco e aria pungente! Ti si è infilato un ago di pino nel naso, ecco cos’è che senti!... Vieni, te lo tolgo... Una bella leccatina... Ecco fatto!”. (Stella finge di leccare il muso di Gastone).
N: Il parco era anche un’ottima occasione per i due cani di fare pipì e popò all’aperto. (I due cani fingono di mettersi in un angolino accucciati come per fare pipì o popò). Siccome Francesco e Lucia erano bambini molto educati, raccoglievano sempre la popò dei loro amici a 4 zampe, anche se era poco piacevole. (Gastone e Stella consegnano al narratore un pacchettino di nylon chiuso con un laccetto; il narratore annusa i sacchetti un po’ schifato e li getta in un cestino, alzandolo in modo che tutti possano vedere bene il gesto).
Era un tardo pomeriggio di dicembre quando qualcosa cambiò. Lucia era arrivata davanti al cancello del parco, con Stella al guinzaglio. Nonostante fosse quasi buio, la bambina notò un nuovo cartello, con un’inquietante immagine: quella di un cane con una croce nera sopra. “Ma come è possibile?...”, esclamò incredula Lucia, “Il parco è stato vietato ai cani?... E io dove vado con Stella?”.
S: “Come? Uah! Che dici?...Uah! Fa’ vedere... Hai ragione!... Qui c’è un cane cancellato! Uah! Come alle porte dei negozi, uah!...”.
N: (Accarezzando Stella) “Buona, buona, Stella...”, diceva Lucia, “Vedrai che c’è un errore... Non può essere... Questo è l’ultimo parco cittadino aperto ai cani... Non possono vietare anche questo!...”. Il mattino dopo Stella e Gastone non parlarono d’altro:
G: “Stella, uoh! Che mi dici del parco? Uoh, novità?”
S: “Altro che novità, uah! E’ la fine, Gastone, è la fine, uah!...”
G: “Ma non è possibile, dai...! Uoh, vedrai che lo tolgono, quel maledetto cartello, uoh!”
S: “Speriamo, uah!... Intanto però io e te non ci annuseremo più... uah!”
N: “Silenzio!”
S: “Silenzio a te, uah, brutto rompiscatole! Se non la smetti di interromperci ti mordo il sedere, la prossima volta che ti incontro sul pianerottolo, uah!”
G: “Calma, Stella, calma, uoh! Dobbiamo solo aspettare che tutto si sistemi, uoh!”.
N: Ma le cose non si sistemarono. (Il narratore mette sul palco un albero di natale addobbato con fiocchi rossi oppure una sagoma a forma di albero di natale). In vista del Natale, la città diventò bellissima: ogni strada aveva il suo soffitto di scie luminose e lungo i marciapiedi c’erano lunghe file di graziosi abeti, addobbati con fiocchi rossi.
Le vetrine luccicavano. I capi di quella città, vedendola così splendente e pulita, decisero di vietare le passeggiate in centro ai bambini, perché non lasciassero le loro impronte sudice di mani e di nasi sulle vetrine. Naturalmente, il centro cittadino ai cani fu vietatissimo!
S: “Ehi, Gas, hai sentito la novità? Uah!”
G: “No, racconta...Uoh...”
S: “Il centro cittadino è vietato persino ai bambini...Uah!”
G: “Uoh!... Ma dai... Uoh! Non ci posso credere... Uoh!
S: “Sì, invece! Il papà di Lucia dice che è perché si appiccicavano alle vetrine luccicanti e le sporcavano, uah!, e perché facevano troppo chiasso con le loro grida di gioia, uah!”
G: “Questo è troppo, uoh!”
S: “Hai ragione, Gas, uah!”
N: Arrivò infine la vigilia di Natale. I bambini della città rimasero chiusi in casa, silenziosi, a guardare alla tivù le immagini delle strade piene di luci e colori e andarono a letto presto, sperando che almeno Babbo Natale non si fosse dimenticato di loro. Ma c’era qualcuno che non riusciva a dormire:
S: “Gas... ehi, Gas! Uah!”
G: “Ssh...! Fai silenzio, Stella! Uoh, è la notte di Natale... Uoh! Non dobbiamo svegliare i bambini, uoh!”
S: “Allora usciamo, uah! Così potremo chiacchierare in pace, uah!”
G: “Ma che dici? Uoh! Come facciamo ad uscire? Uoh!”
S: “I genitori di Lucia hanno lasciato la porta socchiusa, uah, per lasciar entrare Babbo Natale... Uah! Di sicuro anche i genitori di Francesco avranno fatto lo stesso, uah!”
N: “Ma insomma, fate tacere quei cani!”
G: “Sì, hai ragione, uoh: anche da me la porta è socchiusa! Ci vediamo giù, uoh!”.
N: E così Stella e Gastone si ritrovarono davanti al grande portone del palazzo, emozionati e felici di potersi riannusare. (Gastone e Stella si incontrano e cominciano a girarsi attorno felici).
S: “Andiamo in centro, dai! Uah!”
G: “Ma come... Sei matta? Uoh! E se ci scoprono? Uoh!”
S: “Dormono tutti, Gas! Non si accorgerà nessuno di noi, uah!”.
N: Un po’ titubante, Gastone seguì Stella lungo le vie illuminate. Visto che in giro non c’era nessuno, Gastone si tranquillizzò e così i due cani giocarono a nascondino tra gli alberelli infiocchettati. (Gastone e Stella si rincorrono attorno all’albero). Infine, si sfidarono alla corsa veloce. Arrivo: la piazza centrale. (I due cani corrono sul posto; Stella parte per prima). Gastone all’inizio lasciò un po’ di vantaggio a Stella, per via del fatto che le zampette di lei erano più corte, ma poi, visto che l’amica lo stava superando, si lanciò a rotta di collo verso la meta e, quando era ormai arrivato, alzò gli occhi. (Il narratore solleva l’albero e lo appoggia su un ripiano solido. Gastone smette di correre sul posto e guarda incantato verso l’albero). Ciò che vide fu un albero enorme, più alto del loro palazzo, interamente ricoperto da migliaia di lampadine accese.
S: (Correndo ancora sul posto) “Arrivo prima io... Uah!... Arrivo... Uah! Ehi, Gas, ma che ti prende? Uah! Corri, dai, corri! Uah! (Si ferma e guarda l’albero) Ma... E quello? Uah! Che cavolo è quello? Uah, uah!”.
N: I due cani si avvicinarono molto cautamente al gigantesco abete e solo dopo un po’, annusandolo e raspando, capirono che si trattava di un albero, anzi: del più fantastico, eccezionale, strepitoso albero che avessero mai visto! (Gastone e Stella girano attorno all’albero di natale, annusandolo). Ed essendo cani, e poiché i cani di fronte ad un albero pensano ad una cosa sola, Gastone e Stella si avvicinarono all’enorme tronco e... (Gastone e Stella alzano la zampetta in direzione dell’albero) Liberarono la più fantastica, eccezionale, strepitosa pipì della loro vita! (Gastone e Stella ululano felici. Poi il loro ululato diventa incerto e guardano l’albero).
S: “Mah, ehi Gas, uah!... Che succede?...”
N: Le luci dell’albero e di tutta la città cominciarono a tremolare.
G: “Le luci dell’albero... Uoh! Ci deve essere qualche problema, uoh!...”
S: “Vuoi vedere che la nostra pipì... Uah...”
G: “Ha provocato... Uoh”
S: “Un guasto... Uah”
G: “Alle luci... Uoh”
S: “Dell’albero! Uah!”
N: I due cani, smarriti e confusi, si ritrovarono al buio completo. (Gastone e Stella si stringono spaventati).
G: “Accidenti, Stella, uoh! Abbiamo fatto saltare la luce in tutta la città! Uoh!”
N: All’improvviso, nel silenzio assoluto della notte, si sentì un grido: “Aiutooo...! Precipito...!” Seguì il rumore spaventoso di un tonfo. I due cani si rintanarono dietro il tronco del grande abete, (Gastone e Stella si nascondono dietro l’abete) mentre Babbo Natale (eh, sì, proprio lui!), finito a pancia all’aria, cercava faticosamente di rialzarsi. (Il narratore si infila il cappello da Babbo Natale)
B. N: “Ohi, ohi! Che botta! Ma chi ha spento la luce? E le renne? Dove sono finite le mie renne? Qualcuno ha visto le mie renne? Ma con chi sto parlando...? Qui non c’è nemmeno un cane... E poi con questo buio... Ma dove sarà finito il mio elenco di indirizzi?... E il mio sacco dei regali?... Ah, eccolo! Almeno il sacco c’è, per fortuna!”
(Il narratore toglie il cappello da B. N.)
N:Babbo Natale, non si sa come, visto che era buio pesto, riuscì a ritrovare e a rimettersi in spalla il sacco, che gli era caduto in seguito allo scontro con l’abete. Ciò che invece non riusciva a trovare, era il suo prezioso foglio degli indirizzi dei bambini buoni. Stella e Gastone decisero infine di uscire allo scoperto, ma molto cautamente, per non spaventare quel povero vecchietto. (I due cani si avvicinano al narratore)
S: “Uah! Io sono Stella...”
G: “Uoh! E io sono Gastone... Mi sa che è colpa nostra se si sono spente le luci della città... Ci dispiace tanto! Uoh!”.
N: Poiché era un buon vecchietto, Babbo Natale non se la prese troppo per la storia della pipì. Rimaneva però il problema dell’elenco degli indirizzi dei bambini buoni. Babbo e i due cani lo cercarono dappertutto, ma... Niente!
Ad un certo punto, a Stella venne un’idea che Gastone trovò pessima, ma che Babbo Natale approvò con entusiasmo, e poiché erano due contro uno, si fece come diceva Stella. I due cani cominciarono ad ululare, sempre più forte, sempre più forte, finché molti altri cani delle case vicine si unirono a loro e poi anche quelli dei quartieri più lontani e in breve tempo la piazza fu invasa da cani assonnati che si chiedevano l’un l’altro cosa fosse successo, chi li avesse chiamati lì e perché. (I due cani ululano prima piano e poi forte). Le finestre dei palazzi vicini cominciarono ad aprirsi; numerose urla di protesta si unirono agli ululati. Il rumore era insopportabile. (I cani continuano ad ululare; quando smettono, parla il narratore). Esasperati, muniti di candele e torce, gli abitanti si riversarono per le strade e soprattutto in piazza centrale, dove trovarono, con loro grande sorpresa, il buon vecchio Babbo Natale, con un sorrisone grande così, circondato da tutti i cani della città.
(Il narratore rimette il cappello da B. N.)
B.N: “Scusate. Scusate tutti per il disturbo ma... A causa di un piccolo incidente ho perso il mio elenco di indirizzi dei bambini buoni e... Beh,... Insomma... Vi chiederei, per accelerare la procedura di distribuzione dei doni, di accompagnare qui in piazza i vostri bambini... Se questo non è di troppo disturbo, naturalmente... Così potrò chiamarli uno a uno per la consegna dei regali... Queste simpatiche bestiole mi aiuteranno...”.
(Il narratore toglie il cappello da B. N.)
N: Qualche adulto disse che non si poteva fare, perché il centro città era proibito ai cani e ai bambini; ma poi qualcun altro notò che i cani c’erano già e che perciò anche i bambini ci potevano stare. In breve tempo la piazza si riempì di bambini, vocianti ed eccitati. Francesco e Lucia furono tra i primi a ricevere il loro pacco da Babbo Natale, perché erano bambini veramente buoni. Fu una notte di Natale fantastica. Quando cani e padroni rientrarono infine nelle loro case, era quasi l’alba. Tutti pensarono che era bello tornare a passeggiare assieme, adulti, bambini e cani, per la città e per i parchi. Gastone e Stella trotterellarono vicini verso casa, sotto ad un cielo che si tingeva di rosa, silenziosi e soddisfatti, a fianco di Francesco e Lucia, che invece non la smettevano di parlare e di ridere. (Gastone e Stella percorrono il palco vicini e poi tornano ai rispettivi angoli del palco e si accucciano). E le renne? Le povere renne, a causa dello schianto, erano finite tra i rami del gigantesco abete e avevano fatto molta fatica a scendere giù, ma alla fine ce l’avevano fatta, un attimo prima che sorgesse il sole. (Gastone e Stella si alzano in piedi)
S: “Ehi, Gas! Uah!”
G: “Che c’è, Stella? Uoh!”
S: “Vai alla finestra e guarda in cielo, uah: c’è Babbo Natale sulla slitta! Uah, uah, uah!”
G: “La vedo, uoh! Ehi, mi ha salutato! Uoh, uoh, uoh!”
S: “Ha salutato anche me... uah, uah, uah!”
G: “Uoh, uoh, uoh!”
S: “Uah, uah, uah!”
(I due cani abbaiano assieme facendo confusione)
G: “Ehi, Stella... Uoh!”
S: “Che c’è, Gas? Uah!”
G: “Hai notato che nessuno ci ha urlato: silenzio? Uoh!”
S: “E’ vero! Uah! Che sia un regalo di Babbo Natale?”
(Il narratore si mette il cappello di B. N.)
B.N: Buon Natale! (Saluta con la mano) (I cani salutano con la zampa e abbaiano).
OCCORRENTE: orecchie per i due cani cappello da Babbo Natale albero di natale vero o in sagoma con fiocchi rossi pezzo di rete due sacchettini di nylon chiusi da laccetti bidoncino della spazzatura due ciabatte.
© 2009 - Cristina Lanaro
Atto unico di Cristina Lanaro
Personaggi:
Gastone
Stella
Narratore/Babbo Natale
(In scena Gastone, riconoscibile per le orecchie nere pelose, dietro ad un pezzo di rete o comunque a qualcosa che ricordi delle sbarre; ulula tristemente. Entra il narratore)
N: Gastone era nero, molto nero e grosso, molto grosso. Quando Francesco lo aveva notato, un anno prima, al di là della rete del canile municipale, era solo un cucciolo abbandonato e i suoi occhi umidi e tristi sembravano dire:
G: “Eccomi, uoh, se mi vuoi sarò il tuo cane... Stavo aspettando proprio te, uoh, portami a casa tua e ti sarò fedele per sempre, uoh”.
N: E così Francesco se l’era portato a casa. (Il narratore abbassa la rete e Gastone corre felice attorno a lui, poi si ferma in un angolo). Francesco viveva con i suoi genitori in un piccolo appartamento all’ultimo piano di un alto palazzone del centro. (Il narratore finge di guardare in basso, a lato del palco). Al piano di sotto abitava Lucia, una sua compagna di classe con le trecce rosse e le lentiggini. (Il narratore finge di salutare la bambina che abita al piano di sotto). Anche Lucia aveva un cane, o meglio una cagnolina: Stella. (Sul palco sale la cagnolina; il narratore è al centro, tra i due cani). Stella era bianca, tutta bianca e più piccola, molto più piccola di Gastone. (Stella saltella allegra, annusa l’aria, abbaia). Vivace e allegra, Stella faceva impazzire Lucia rubandole continuamente la ciabatta destra e rosicchiando i lacci dello zaino di scuola:
S: “Uah, Lucia...? Uah, gioca con me, dai! Lascia stare i compiti! Prendimi... uah...prendimi...uah!”.
N: (Il narratore prende in mano una ciabatta e la mostra al pubblico). Stella rubava spesso le ciabatte a Lucia e soprattutto la ciabatta destra, perché con quella ciabatta Lucia aveva pestato un frammento di cioccolato al latte e quel dolce profumino di zucchero e cacao, mescolato alla piacevole puzza dei piedi, era irresistibile per Stella.(Stella annusa la ciabatta e cerca di prenderla con la zampetta). Insomma Stella era una monella, ed era golosa.(Stella riesce a far cadere la ciabatta e finge di scappare via; Gastone muove le zampe sulla testa come per grattarsi dietro alle orecchie). Gastone, invece, era un tontolone di cane e quando Francesco faceva i compiti in camera sua, lui si rannicchiava sotto alla sedia e attendeva, paziente, una carezza.
G: “Io sono qui... uoh...ma tu non ti preoccupare... uoh.. se hai da fare... uoh... io aspetto...”.
N: Di mattina presto a casa di Stella e Gastone succedeva il finimondo: era tutto un andirivieni dalla cucina al bagno, con sbattere di porte, tazze fumanti, spazzolini elettrici a tutta velocità, zip e bottoni, lacci e strap. Bim, bum, crrr, frrr, sbam! (I due cani muovono la testa a destra e a sinistra). Poi, all’improvviso, più niente. Gli appartamenti restavano silenziosi. Unica traccia umana, le ciabatte di varie misure e odori seminate lungo il corridoio. (Il narratore raccoglie due ciabatte da terra e le tiene in mano. Gastone ne annusa una, Stella annusa l’altra).
G: “Stella...? Uoh, ... Stella...? Mi senti? Se ne sono andati? Uoh!”
S: “Gastone...? Ciao, Gas! Uah! Sì, sono rimasta anch’io da sola... uah! Hai dormito bene, stanotte? Uah!”
G: “Ciao, Stella, uoh! Non sono riuscito a dormire molto, uoh... sai, per via dei camion della raccolta differenziata... uoh! Ma possibile che debbano fare tutto quel rumore? Uoh!”
S: “Io non ho sentito niente, uah! Però anch’io ho dormito poco, uah! Forse ieri sera ho un po’ esagerato con le crocchette... uah! Lucia me l’aveva detto, uah: guarda, Stella, che se mangi così in fretta, dopo stai male..”.
N: I due cani erano soliti chiacchierare a lungo non appena i reciproci padroni li lasciavano da soli; le loro chiacchiere venivano scambiate per lamenti dai vicini che li sentivano e qualcuno li sgridava per il loro abbaiare. (I due cani abbaiano come se stessero comunicando; ad un certo punto il narratore di zittisce con uno “shhh”). Gastone e Stella allora restavano zitti per un po’, poi ricominciavano, ma piano:
G: “Ehi, Stella, ci sei ancora?... Uoh!”
S: “Certo che ci sono... uah... e dove vuoi che vada? Uah!”
G: “Ci vediamo stasera al parco? Uoh!”
S: “Spero di sì, se Lucia mi porta, uah”
G: “Ok, ci vediamo là, uoh!”
S: “Ok, ciao Gastone, a stasera... uah!”
Silenzio.
(Gastone e Stella si grattano le orecchie).
S: “Gastone...? Uah!”
G: “Sììì...? Uoh!”
S: “Vuoi che ti racconti una barzelletta? Uah!”
G: “Racconta, dai! Uoh!”
S: “Bene, allora: uah, ci sono due cani poliziotto che...”
N: “Silenzio!”
S: (Abbassando il tono della voce) “...che passano davanti ad una banca, uah, e vedono...”
N: “Fate tacere quei cani, insomma...!”
S: “Magari te la racconto un’altra volta, uah... Ciao, Gas!”
G: “Ciao, Stella, uoh!”.
N: Nel tardo pomeriggio, finiti i compiti, sia Francesco sia Lucia accompagnavano i rispettivi cani al parchetto del quartiere. Gastone e Stella, quando si vedevano da lontano, fingevano di non conoscersi, ma quando erano vicini, mentre i due bambini si lamentavano dei compiti, i due cani approfittavano della vicinanza per annusarsi alla massima potenza, muso contro muso e le loro code impazzite disegnavano nell’aria una danza gioiosa. (I due cani si avvicinano, si annusano, si mordicchiano le orecchie). In quelle occasioni non abbaiavano, per non venire immediatamente allontanati. Ciò che Gastone avrebbe voluto dire a Stella era più o meno questo:
G: “Hai sentito che odore pungente di bosco c’è stasera? E quest’arietta fresca...: mi sembra... sì, mi sembra che anche l’aria oggi sia pungente...”
N: E Stella avrebbe voluto rispondere:
S: “Macché odore di bosco e aria pungente! Ti si è infilato un ago di pino nel naso, ecco cos’è che senti!... Vieni, te lo tolgo... Una bella leccatina... Ecco fatto!”. (Stella finge di leccare il muso di Gastone).
N: Il parco era anche un’ottima occasione per i due cani di fare pipì e popò all’aperto. (I due cani fingono di mettersi in un angolino accucciati come per fare pipì o popò). Siccome Francesco e Lucia erano bambini molto educati, raccoglievano sempre la popò dei loro amici a 4 zampe, anche se era poco piacevole. (Gastone e Stella consegnano al narratore un pacchettino di nylon chiuso con un laccetto; il narratore annusa i sacchetti un po’ schifato e li getta in un cestino, alzandolo in modo che tutti possano vedere bene il gesto).
Era un tardo pomeriggio di dicembre quando qualcosa cambiò. Lucia era arrivata davanti al cancello del parco, con Stella al guinzaglio. Nonostante fosse quasi buio, la bambina notò un nuovo cartello, con un’inquietante immagine: quella di un cane con una croce nera sopra. “Ma come è possibile?...”, esclamò incredula Lucia, “Il parco è stato vietato ai cani?... E io dove vado con Stella?”.
S: “Come? Uah! Che dici?...Uah! Fa’ vedere... Hai ragione!... Qui c’è un cane cancellato! Uah! Come alle porte dei negozi, uah!...”.
N: (Accarezzando Stella) “Buona, buona, Stella...”, diceva Lucia, “Vedrai che c’è un errore... Non può essere... Questo è l’ultimo parco cittadino aperto ai cani... Non possono vietare anche questo!...”. Il mattino dopo Stella e Gastone non parlarono d’altro:
G: “Stella, uoh! Che mi dici del parco? Uoh, novità?”
S: “Altro che novità, uah! E’ la fine, Gastone, è la fine, uah!...”
G: “Ma non è possibile, dai...! Uoh, vedrai che lo tolgono, quel maledetto cartello, uoh!”
S: “Speriamo, uah!... Intanto però io e te non ci annuseremo più... uah!”
N: “Silenzio!”
S: “Silenzio a te, uah, brutto rompiscatole! Se non la smetti di interromperci ti mordo il sedere, la prossima volta che ti incontro sul pianerottolo, uah!”
G: “Calma, Stella, calma, uoh! Dobbiamo solo aspettare che tutto si sistemi, uoh!”.
N: Ma le cose non si sistemarono. (Il narratore mette sul palco un albero di natale addobbato con fiocchi rossi oppure una sagoma a forma di albero di natale). In vista del Natale, la città diventò bellissima: ogni strada aveva il suo soffitto di scie luminose e lungo i marciapiedi c’erano lunghe file di graziosi abeti, addobbati con fiocchi rossi.
Le vetrine luccicavano. I capi di quella città, vedendola così splendente e pulita, decisero di vietare le passeggiate in centro ai bambini, perché non lasciassero le loro impronte sudice di mani e di nasi sulle vetrine. Naturalmente, il centro cittadino ai cani fu vietatissimo!
S: “Ehi, Gas, hai sentito la novità? Uah!”
G: “No, racconta...Uoh...”
S: “Il centro cittadino è vietato persino ai bambini...Uah!”
G: “Uoh!... Ma dai... Uoh! Non ci posso credere... Uoh!
S: “Sì, invece! Il papà di Lucia dice che è perché si appiccicavano alle vetrine luccicanti e le sporcavano, uah!, e perché facevano troppo chiasso con le loro grida di gioia, uah!”
G: “Questo è troppo, uoh!”
S: “Hai ragione, Gas, uah!”
N: Arrivò infine la vigilia di Natale. I bambini della città rimasero chiusi in casa, silenziosi, a guardare alla tivù le immagini delle strade piene di luci e colori e andarono a letto presto, sperando che almeno Babbo Natale non si fosse dimenticato di loro. Ma c’era qualcuno che non riusciva a dormire:
S: “Gas... ehi, Gas! Uah!”
G: “Ssh...! Fai silenzio, Stella! Uoh, è la notte di Natale... Uoh! Non dobbiamo svegliare i bambini, uoh!”
S: “Allora usciamo, uah! Così potremo chiacchierare in pace, uah!”
G: “Ma che dici? Uoh! Come facciamo ad uscire? Uoh!”
S: “I genitori di Lucia hanno lasciato la porta socchiusa, uah, per lasciar entrare Babbo Natale... Uah! Di sicuro anche i genitori di Francesco avranno fatto lo stesso, uah!”
N: “Ma insomma, fate tacere quei cani!”
G: “Sì, hai ragione, uoh: anche da me la porta è socchiusa! Ci vediamo giù, uoh!”.
N: E così Stella e Gastone si ritrovarono davanti al grande portone del palazzo, emozionati e felici di potersi riannusare. (Gastone e Stella si incontrano e cominciano a girarsi attorno felici).
S: “Andiamo in centro, dai! Uah!”
G: “Ma come... Sei matta? Uoh! E se ci scoprono? Uoh!”
S: “Dormono tutti, Gas! Non si accorgerà nessuno di noi, uah!”.
N: Un po’ titubante, Gastone seguì Stella lungo le vie illuminate. Visto che in giro non c’era nessuno, Gastone si tranquillizzò e così i due cani giocarono a nascondino tra gli alberelli infiocchettati. (Gastone e Stella si rincorrono attorno all’albero). Infine, si sfidarono alla corsa veloce. Arrivo: la piazza centrale. (I due cani corrono sul posto; Stella parte per prima). Gastone all’inizio lasciò un po’ di vantaggio a Stella, per via del fatto che le zampette di lei erano più corte, ma poi, visto che l’amica lo stava superando, si lanciò a rotta di collo verso la meta e, quando era ormai arrivato, alzò gli occhi. (Il narratore solleva l’albero e lo appoggia su un ripiano solido. Gastone smette di correre sul posto e guarda incantato verso l’albero). Ciò che vide fu un albero enorme, più alto del loro palazzo, interamente ricoperto da migliaia di lampadine accese.
S: (Correndo ancora sul posto) “Arrivo prima io... Uah!... Arrivo... Uah! Ehi, Gas, ma che ti prende? Uah! Corri, dai, corri! Uah! (Si ferma e guarda l’albero) Ma... E quello? Uah! Che cavolo è quello? Uah, uah!”.
N: I due cani si avvicinarono molto cautamente al gigantesco abete e solo dopo un po’, annusandolo e raspando, capirono che si trattava di un albero, anzi: del più fantastico, eccezionale, strepitoso albero che avessero mai visto! (Gastone e Stella girano attorno all’albero di natale, annusandolo). Ed essendo cani, e poiché i cani di fronte ad un albero pensano ad una cosa sola, Gastone e Stella si avvicinarono all’enorme tronco e... (Gastone e Stella alzano la zampetta in direzione dell’albero) Liberarono la più fantastica, eccezionale, strepitosa pipì della loro vita! (Gastone e Stella ululano felici. Poi il loro ululato diventa incerto e guardano l’albero).
S: “Mah, ehi Gas, uah!... Che succede?...”
N: Le luci dell’albero e di tutta la città cominciarono a tremolare.
G: “Le luci dell’albero... Uoh! Ci deve essere qualche problema, uoh!...”
S: “Vuoi vedere che la nostra pipì... Uah...”
G: “Ha provocato... Uoh”
S: “Un guasto... Uah”
G: “Alle luci... Uoh”
S: “Dell’albero! Uah!”
N: I due cani, smarriti e confusi, si ritrovarono al buio completo. (Gastone e Stella si stringono spaventati).
G: “Accidenti, Stella, uoh! Abbiamo fatto saltare la luce in tutta la città! Uoh!”
N: All’improvviso, nel silenzio assoluto della notte, si sentì un grido: “Aiutooo...! Precipito...!” Seguì il rumore spaventoso di un tonfo. I due cani si rintanarono dietro il tronco del grande abete, (Gastone e Stella si nascondono dietro l’abete) mentre Babbo Natale (eh, sì, proprio lui!), finito a pancia all’aria, cercava faticosamente di rialzarsi. (Il narratore si infila il cappello da Babbo Natale)
B. N: “Ohi, ohi! Che botta! Ma chi ha spento la luce? E le renne? Dove sono finite le mie renne? Qualcuno ha visto le mie renne? Ma con chi sto parlando...? Qui non c’è nemmeno un cane... E poi con questo buio... Ma dove sarà finito il mio elenco di indirizzi?... E il mio sacco dei regali?... Ah, eccolo! Almeno il sacco c’è, per fortuna!”
(Il narratore toglie il cappello da B. N.)
N:Babbo Natale, non si sa come, visto che era buio pesto, riuscì a ritrovare e a rimettersi in spalla il sacco, che gli era caduto in seguito allo scontro con l’abete. Ciò che invece non riusciva a trovare, era il suo prezioso foglio degli indirizzi dei bambini buoni. Stella e Gastone decisero infine di uscire allo scoperto, ma molto cautamente, per non spaventare quel povero vecchietto. (I due cani si avvicinano al narratore)
S: “Uah! Io sono Stella...”
G: “Uoh! E io sono Gastone... Mi sa che è colpa nostra se si sono spente le luci della città... Ci dispiace tanto! Uoh!”.
N: Poiché era un buon vecchietto, Babbo Natale non se la prese troppo per la storia della pipì. Rimaneva però il problema dell’elenco degli indirizzi dei bambini buoni. Babbo e i due cani lo cercarono dappertutto, ma... Niente!
Ad un certo punto, a Stella venne un’idea che Gastone trovò pessima, ma che Babbo Natale approvò con entusiasmo, e poiché erano due contro uno, si fece come diceva Stella. I due cani cominciarono ad ululare, sempre più forte, sempre più forte, finché molti altri cani delle case vicine si unirono a loro e poi anche quelli dei quartieri più lontani e in breve tempo la piazza fu invasa da cani assonnati che si chiedevano l’un l’altro cosa fosse successo, chi li avesse chiamati lì e perché. (I due cani ululano prima piano e poi forte). Le finestre dei palazzi vicini cominciarono ad aprirsi; numerose urla di protesta si unirono agli ululati. Il rumore era insopportabile. (I cani continuano ad ululare; quando smettono, parla il narratore). Esasperati, muniti di candele e torce, gli abitanti si riversarono per le strade e soprattutto in piazza centrale, dove trovarono, con loro grande sorpresa, il buon vecchio Babbo Natale, con un sorrisone grande così, circondato da tutti i cani della città.
(Il narratore rimette il cappello da B. N.)
B.N: “Scusate. Scusate tutti per il disturbo ma... A causa di un piccolo incidente ho perso il mio elenco di indirizzi dei bambini buoni e... Beh,... Insomma... Vi chiederei, per accelerare la procedura di distribuzione dei doni, di accompagnare qui in piazza i vostri bambini... Se questo non è di troppo disturbo, naturalmente... Così potrò chiamarli uno a uno per la consegna dei regali... Queste simpatiche bestiole mi aiuteranno...”.
(Il narratore toglie il cappello da B. N.)
N: Qualche adulto disse che non si poteva fare, perché il centro città era proibito ai cani e ai bambini; ma poi qualcun altro notò che i cani c’erano già e che perciò anche i bambini ci potevano stare. In breve tempo la piazza si riempì di bambini, vocianti ed eccitati. Francesco e Lucia furono tra i primi a ricevere il loro pacco da Babbo Natale, perché erano bambini veramente buoni. Fu una notte di Natale fantastica. Quando cani e padroni rientrarono infine nelle loro case, era quasi l’alba. Tutti pensarono che era bello tornare a passeggiare assieme, adulti, bambini e cani, per la città e per i parchi. Gastone e Stella trotterellarono vicini verso casa, sotto ad un cielo che si tingeva di rosa, silenziosi e soddisfatti, a fianco di Francesco e Lucia, che invece non la smettevano di parlare e di ridere. (Gastone e Stella percorrono il palco vicini e poi tornano ai rispettivi angoli del palco e si accucciano). E le renne? Le povere renne, a causa dello schianto, erano finite tra i rami del gigantesco abete e avevano fatto molta fatica a scendere giù, ma alla fine ce l’avevano fatta, un attimo prima che sorgesse il sole. (Gastone e Stella si alzano in piedi)
S: “Ehi, Gas! Uah!”
G: “Che c’è, Stella? Uoh!”
S: “Vai alla finestra e guarda in cielo, uah: c’è Babbo Natale sulla slitta! Uah, uah, uah!”
G: “La vedo, uoh! Ehi, mi ha salutato! Uoh, uoh, uoh!”
S: “Ha salutato anche me... uah, uah, uah!”
G: “Uoh, uoh, uoh!”
S: “Uah, uah, uah!”
(I due cani abbaiano assieme facendo confusione)
G: “Ehi, Stella... Uoh!”
S: “Che c’è, Gas? Uah!”
G: “Hai notato che nessuno ci ha urlato: silenzio? Uoh!”
S: “E’ vero! Uah! Che sia un regalo di Babbo Natale?”
(Il narratore si mette il cappello di B. N.)
B.N: Buon Natale! (Saluta con la mano) (I cani salutano con la zampa e abbaiano).
OCCORRENTE: orecchie per i due cani cappello da Babbo Natale albero di natale vero o in sagoma con fiocchi rossi pezzo di rete due sacchettini di nylon chiusi da laccetti bidoncino della spazzatura due ciabatte.
© 2009 - Cristina Lanaro